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2. Luoghi di culto: una visione d’insieme<br />

181<br />

patavium e il suo territorio<br />

Dei luoghi di culto di Patavium è noto ben poco. Malgrado i numerosi elementi di<br />

novità che negli ultimi anni si sono aggiunti alla ricostruzione del quadro urbanistico e<br />

architettonico della città antica 984 , ancora limitate sono le testimonianze utili alla definizione<br />

di una topografia del sacro.<br />

Migliore la situazione per il territorio dove l’intensificarsi delle ricerche archeologiche<br />

ha consentito la raccolta di una mole considerevole di dati utili a definire la distribuzione<br />

dei santuari e a chiarire i rapporti tra questa e la funzione dei singoli spazi sacri. Benché<br />

l’analisi degli aspetti cronologici, strutturali, topografici relativi ai luoghi di culto del territorio<br />

patavino sia sempre più approfondita, come dimostra il caso del santuario di Lova<br />

di Campagna Lupia, altrettanto non può dirsi per i tentativi di sintesi. Il condizionamento<br />

subito dalla ricerca da parte di stereotipi e teorie consolidate è spesso inevitabile 985 . Diffusa,<br />

per esempio, è la categoria dei santuari cosiddetti ‘di confine’, tra i quali si fanno rientrare<br />

San Pietro Montagnon e il deposito di Altichiero, o di quelli «a forte valenza interculturale<br />

ed ‘emporica’», come quello di Lova 986 , anche se si tratta di una classificazione da utilizzare<br />

con estrema prudenza 987 . Troppo spesso, peraltro, si ricorre all’idea di una continuità cultuale<br />

dall’età protostorica a quella romana, nel segno ‘dell’acqua’, intesa sia come «entità<br />

preposta a qualificare i confini territoriali e i contatti con il mondo esterno (fiumi e mare),<br />

sia come ‘entità soprannaturale’ dalle caratteristiche sananti» 988 . La presenza di una fonte<br />

tuttavia, non è sempre sufficiente per dedurre la presenza di un culto delle acque, eventualmente<br />

connesso alla sanatio 989 . A proposito delle personalità divine, inoltre, anche le più<br />

recenti ipotesi risentono delle conclusioni espresse da Maria Silvia Bassignano in un con-<br />

984 Da ultimi Ruta Serafini et alii 2007, pp. 67-83.<br />

985 Fontana 2009a, pp. 415-416.<br />

986 Si vedano, per esempio, Gambacurta 1999b, pp. 180-181, De Min 2005, p. 116, Gamba, Gambacurta,<br />

Ruta Serafini 2008, p. 50.<br />

987 Cfr. de Cazanove 1993, p. 32.<br />

988 Per queste definizioni si veda De Min 2005, pp. 116-117. Un indubbio rapporto tra acqua e luoghi<br />

di culto, anche se con significati differenti, è stato proposto anche da Capuis 1994b, pp. 137-149, Gambacurta<br />

1999b, pp. 179-184.<br />

989 Invita alla prudenza Scheid 2009, pp. 433-434. Il santuario di Minerva a Breno, pur essendo collegato<br />

ad una sorgente, non ha restituito evidenze archeologiche legate alla guarigione. I motivi che portarono<br />

alla monumentalizzazione del sito non sono da connettere ad un culto iatrico, anche se ciò non cambia le<br />

potenzialità di intervento della dea anche nella difesa da malattie, Scheid 2010, pp. 17-18. Si veda, inoltre,<br />

Sartori 2008, pp. 174-176 che sottolinea come spesso «si sia stati indotti a generalizzare elementi di scarsa<br />

omogeneità oppure ad adeguarsi a soluzioni di comodo, non sempre sostenute da prove provate; come se<br />

attribuire un luogo di culto ad un’origine acquatica od a qualsiasi connessione acquatica di ogni devozione<br />

ivi praticata o riconoscere ad una divinità competenze acquatiche e, quindi, curative (…) fosse in ogni caso<br />

la soluzione migliore o la più facile».

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