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71<br />

questioni di metodo<br />

operum atque artificiorum initia tradere, Iovem imperium caelestium tenere, Martem bella<br />

regere. Huic, cum proelio dimicare constituerunt, ea quae bello ceperint plerumque devovent:<br />

cum superaverunt, animalia capta immolant reliquasque res in unum locum conferunt.<br />

Multis in civitatibus harum rerum exstructos tumulos locis consecratis conspicari licet; neque<br />

saepe accidit, ut neglecta quispiam religione aut capta apud se occultare aut posita tollere<br />

auderet, gravissimumque ei rei supplicium cum cruciatu constitutum est 360 .<br />

A ragione si è riconosciuto come le fonti letterarie, relative, per esempio, alla ricostruzione<br />

della religione celtica, siano ‘mediate’ o perché pregiudiziali o perché ideologicamente<br />

orientate in senso antibarbarico e quindi suscettibili di più letture 361 . Un caso<br />

esemplare è quello di Dionigi di Alicarnasso studiato da Fabio Mora 362 che dedica particolare<br />

attenzione proprio all’esame della terminologia e del linguaggio tecnico impiegato<br />

per la sfera religiosa. Nell’ambito specifico della traduzione, lo studioso distingue tra traduzione<br />

esatta, che presuppone un’identificazione, o perifrastica di un termine straniero,<br />

o equivalenza approssimata introdotta da espressioni all’ottativo, quali ‘come se dicessimo’,<br />

o ‘come se in greco si dicesse’. Equivalenze esatte sarebbero, per esempio, quella tra i<br />

nomi di Hippokrateia e Consualia, dati da Arcadi e Romani alla medesima festa (1.33.2)<br />

o quella di Ilizia con Hera phosphoros e di Afrodite nel bosco con Libitina (4.15.5). Nelle<br />

traduzioni ‘quasi’ esatte, un termine latino è seguito da una descrizione che ne specifica il<br />

significato, come nel caso di trabae, «vesti bordate di porpora e con righe violette» (2.70.2<br />

e 6.13.4) o di trionfo, «processione e sacrificio trionfale per la vittoria» (2.34.3). Tra le<br />

equivalenze approssimate, infine, si può ricordare Lykaion come traduzione di Lupercal<br />

(1.32.3) o ‘colle Cronio’ quale traduzione di ‘colle Saturnio’, antico nome del colle Capitolino<br />

(1.34.1). Il confronto con le testimonianze liviana e plutarchea, nelle quali sono<br />

chiare le differenze tra il pantheon greco e quello romano, rende evidente come la descrizione<br />

dionisiana sia, invece, tesa ad un’assimilazione, con inevitabili deformazioni della<br />

realtà descritta. Di rilievo «quei casi in cui Dionigi si trova a ridurre una divergenza tra i<br />

pantheon, ricordano traduzioni multiple (e quindi equivoche) di una stessa figura divina o<br />

equivalenze asimmetriche (tra una figura minore od un daimon ed una divinità precisata<br />

da un attributo), o risulta in difficoltà di fronte a talune equivalenze, pur riportate, od<br />

addirittura omette talune figure, perché per lui intraducibili» 363 .<br />

Nonostante questi limiti, si continua a ritenere che interpretatio romana non sia<br />

esclusivamente una traslatio ma una vera e propria identificatio, basata sulla conoscenza<br />

360 Caes. Gall. 6.17.1-2. In proposito, Charles-Marie Ternes ha proposto che l’interpretatio Romana<br />

fu «inventée par César pour faire croire qu’en Gaule la victoire de la romanité était complète et définitive»,<br />

Ternes 2005, p. 411.<br />

361 Tommasi Moreschini 2008, p. 329, con bibliografia.<br />

362 Mora 1995, passim.<br />

363 Mora 1995, p. 413.

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