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fonti, di spargere fiori e gettare al suolo monete di bronzo e d’argento in occasione delle<br />

processioni in onore della Mater Magna 329 .<br />

Anche nel caso di questa particolare categoria documentaria, dunque, non è possibile<br />

proporre «un modello valido ovunque allo stesso modo, ma solo delineare linee di tendenza<br />

all’interno delle quali le regole dei culti nei diversi luoghi, come pure la volontà<br />

dei singoli devoti poteva produrre significative variazioni» 330 .<br />

2. I nomi degli dei e la cosiddetta interpretatio<br />

In un contributo del 1987 dedicato ai culti del Veneto, Maria Silvia Bassignano<br />

distingueva, nell’ambito del pantheon locale, le divinità preromane il cui nome era noto<br />

nella forma latinizzata, come, ad esempio, quelle del pagus degli Arusnates o Trumusiati<br />

di Lagole di Calalzo 331 ; i numi indigeni assimilati a romani, come Martes o le Vires ma<br />

anche le Matronae, le Iunones, le Parcae; gli dei romani 332 . Tale classificazione sembra<br />

concepita nell’ottica di una continuità del culto data pressoché per assodata 333 . In questi<br />

termini si esprimeva, pochi anni più tardi, anche Ezio Buchi che, a proposito dei culti<br />

atestini, affermava: «la religiosità segue il solco della tradizione devozionale verso le antiche<br />

divinità protettrici della natura» 334 .<br />

329 Lucr. 2.614-628, Ov. pont. 1.1.36-37, Cic. leg. 2.9.22 e 2.16.40-41. Facchinetti 2004-2005, p. 50.<br />

330 Facchinetti 2004-2005, p. 216.<br />

331 Bassignano 1987, pp. 315-319.<br />

332 A questi si aggiunge il culto alle divinità astratte, agli imperatori, agli dei orientali, Bassignano<br />

1987, pp. 315-358. La stessa suddivisione è riproposta in modo pressoché simile da Buchi 1993, pp. 140-<br />

154, con specifica attenzione al centro di Ateste, da Mastrocinque 1995, pp. 269-287, con riferimento al<br />

pantheon di Concordia; da Buonopane 1997, pp. 30-31, per il comprensorio Benacense e da Buonopane<br />

2000, pp. 168-187, per l’area trentina. Sul rischio che comporta il presentare la struttura religiosa romana<br />

secondo una dinamica di opposizione tra culti arcaici, di nuova introduzione o di importazione orientale,<br />

cfr. Scheid 2007a, pp. 10-12.<br />

333 Così la stessa Bassignano 1987, p. 320: «Pertanto, pur se queste ci si presentano con nome romano,<br />

è praticamente certo che sotto i vari nomi si celano numi locali di varia origine». Similmente, ma con più<br />

prudenza, si era già espresso Sartori 1960a, p. 231: «molte divinità, che nel nome potrebbero apparire<br />

prettamente romane, per altri aspetti devono considerarsi precedenti figure divine, trovate nelle diverse zone<br />

dai soldati e dai mercanti romani: onde lo storico non deve lasciarsi indurre in inganno dalla sola identità di<br />

denominazione, bensì ricercare, nei limiti del possibile, se ciascuna di tali figure sia genuina importazione<br />

dall’urbe o almeno dall’Italia peninsulare, o se dietro di essa si celi, più o meno evidente, una figura divina<br />

anteriore nel tempo e differente nella natura».<br />

334 Buchi 1993, p. 140.<br />

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