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competenze 656 , non sembra possibile riconoscerne alcuna come esito di assimilazione o<br />

identificazione 657 . Anche Neptunus, quindi, non sembra conservare alcun elemento di<br />

‘sostrato’, pur se attestato nell’entroterra. Pertanto sarebbero estranei a fenomeni di assimilazione<br />

il Neptunus sul lago di Como, «protettore della navigazione e forse connesso<br />

con la memoria di certi Greci lì trapiantati da Cesare»; il dio titolare dei Neptunalia, le<br />

feriae estive celebrate sullo stesso lago; il Neptunus delle prime valli alpine occidentali,<br />

inteso «come eco, ma non lontana, dei contatti con il mare di Marsiglia» 658 .<br />

È, dunque, necessario necessità di valutare caso per caso a seconda del contesto. Se<br />

si parte dall’assioma di una distinzione operata in base al luogo di provenienza della<br />

dedica si può arrivare a conclusioni discutibili come nel caso di Atria e Ardoneghe di<br />

Brugine, siti che hanno restituito due dediche a Neptunus interpretate in direzione<br />

antitetica. I due centri sono, infatti, alla stessa distanza dal mare ma ad Atria, considerata<br />

‘litoranea’, Neptunus è ritenuto divinità marina, mentre ad Ardoneghe di Brugine<br />

il dio risulta nume delle acque interne a causa della presenza dei rami secondari del<br />

Meduacus minor 659 .<br />

A proposito della presunta evoluzione di divinità indigene protettrici delle acque in<br />

Neptunus, secondo il cosiddetto fenomeno di interpretatio, mi sembra rilevante l’ambiguità<br />

del termine ‘indigeno’ in contesti etnici diversificati.<br />

Se si portano alle estreme conseguenze tali premesse si dovrebbe concludere che, a<br />

prescindere dal sostrato preromano di appartenenza, un nume legato a qualsivoglia tipo<br />

di ‘acqua’ fosse destinato, con la romanizzazione, a confluire in Neptunus. Ma anche<br />

se ci si volesse attenere a questa ‘semplificazione’ si è costretti a notare che, in ambito<br />

gallico, le divinità delle sorgenti, delle acque termali e dei corsi d’acqua sono note con<br />

nomi latinizzati: è il caso di Groselum, dio eponimo della fonte di Grosel o Groseaux,<br />

di Avicantus, protettore della sorgente di Vigan o del torrente Vistre, di Urnia, legata<br />

all’Ourne, affluente del Gardon d’Anduze, o di Athubodua, in rapporto al lago di<br />

Anthon in Savoia 660 . Questi nomi compaiono in dediche private, assimilabili a quelle<br />

attestate in Italia settentrionale. È legittimo, quindi, chiedersi perché il culto rivolto alle<br />

divinità delle acque abbia avuto in ambito cisalpino un esito diverso (divinità epicorica<br />

= Neptunus) rispetto a quello delle regioni d’oltralpe (teonimo indigeno latinizzato). La<br />

causa non credo possa essere ricercata nella maggiore o minore resistenza alla romanizzazione,<br />

come dimostrerebbe sia il fatto che la dedica a Nemauso e Urniae è posta anche<br />

ai [L]aribus Aug(ustis) e a Minervae sia che l’Athubodua a cui Servilia Terentia sciolse un<br />

656 Arnaldi 1997.<br />

657 Sartori 2008, p. 177.<br />

658 Si veda, in generale, Sartori 2008, pp. 165-178.<br />

659 Rinaldi 1966, pp. 104-105, Buchi 1984, p. 70, Arnaldi 1997, p. 166.<br />

660 CIL XII, 3077, CIL XII, 2571, Finocchi 1994, pp. 16-17.<br />

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