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ma non è chiaro se ad una ‘latinizzazione’ dei teonimi, più o meno radicale, corrispose,<br />

e con quali modalità, un inserimento nel pantheon ufficiale della comunità romanizzata.<br />

Ma il termine interpretatio è inteso anche in un’altra accezione. Jacopo Ortalli, ad<br />

esempio, distingue casi in cui la venerazione di determinate divinità, come Mercurio,<br />

Silvano ed Ercole, sarebbe funzionale «alla conservazione e alla rivitalizzazione di culti<br />

preromani» senza però presupporre un fenomeno interpretativo; e casi, invece, di vera<br />

e propria interpretatio, come quello delle Matronae, delle Nymphae, di Iuppiter Vector,<br />

indicativi di una effettiva continuità con «le radicate consuetudini sacre» 342 .<br />

Ancora si può trovare che: «I latini entrano in contatto con queste presenze e danno l’avvio ad un processo sincretistico di sovrapposizione<br />

ed osmosi che va sotto il nome di interpretatio: ogni divinità serve a confondersi<br />

con le divinità indigene e può confluire con altra o altre» 343 o che «con la romanizzazione<br />

non si cancellano le tracce dei culti preesistenti, ma si elaborano processi di assimilazione<br />

e sincretismo, che portano talvolta a doppie definizioni, come Apollo Grannos o Minerva<br />

Sulis, oppure alla semplice latinizzazione del nome locale, come Bormanus o Edovius» 344 .<br />

Il concetto è da alcuni esteso anche alle immagini divine, cosicché l’interpretatio<br />

diviene: «Indigenous population’s readiness to accept for their religious personalities,<br />

often aniconic, the artistic types and names of those Roman divinities whose natures<br />

may include one or more parallel functions» 345 .<br />

Talvolta, inoltre, si sono ricondotti al fenomeno dell’interpretatio processi differenti:<br />

è stato proposto che, oltre all’assimilazione o identificazione delle maggiori divinità locali<br />

con gli dei romani, potessero stabilirsi un culto congiunto o un coordinamento fra<br />

diverse divinità 346 . Il fenomeno non sarebbe stato, inoltre, in direzione unilaterale: gli<br />

dei locali potevano essere assorbiti in quelli del pantheon romano ma era anche possibile<br />

che le divinità romane diventassero, a seconda del contesto, africane, celtiche, traci,<br />

danubiane, assumendone caratteristiche peculiari, nell’iconografia come nel culto. Si<br />

tratterebbe, di volta in volta, di un’interpretatio africana, celtica, tracia e così via 347 .<br />

342 Ortalli 2007, pp. 17-18.<br />

343 Prati 2007, p. 37.<br />

344 zanovello 2011, p. 456.<br />

345 Bober 1951, pp. 13-51.<br />

346 Giacchero 1983, pp. 168-169. Propone come culto congiunto quello di Apollo e Sirona, Sucello e Nautosuelta,<br />

Mercurio e Rosmerta; costituirebbe un esempio di coordinamento del culto l’altare di Corbridge con<br />

dedica a Giove Dolicheno, Caelestis Brigantia e Salus, AE 1911, 215, AE 1912, 6, AE 1912, 117, AE 1947, 122.<br />

347 Cfr., per esempio, Hatt 1970, p. 245: «C’est dire que l’interpretatio romana qui était dans l’esprit des<br />

Romains traduction romaine des dieux Gaulois, trouve son complément nécessaire et inséparable dans une<br />

interpretatio Gallica qui est interprétation gauloise des symboles et des mythes gréco-romains, pour exprimer des<br />

idées gauloises»; Giacchero 1983, pp. 169-170. zaccaria 2001-2002, p. 133: «la casistica comprende infatti:<br />

culti epicorii topici con nome latinizzato; culti epicorii topici con interpretatio Celtica e successivamente interpretatio<br />

Romana; culti epicorii topici con interpretatio Romana; culti celtici con nome latinizzato; culti celtici con<br />

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