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85<br />

questioni di metodo<br />

dere dalla riflessione analitica attestazioni che, di contro, potrebbero essere semplicemente<br />

frutto di una devozione personale più o meno tollerata 434 .<br />

La dimensione ufficiale di un culto epicorico non si può, quindi, cogliere che nelle<br />

fonti in cui emerga l’intervento più o meno diretto di una magistratura civica, o evincere<br />

dalla presenza di santuari organizzati 435 . Che nel vicus di Nauportus, per esempio, la divinità<br />

locale delle acque Aequorna sia stata accolta nel pantheon comunitario emerge con<br />

chiarezza da due iscrizioni dedicatorie, relative ad un’aedes e ad una porticus ad essa forse<br />

connessa, fatte erigere da magistri vici su delibera del consiglio dei vicani 436 . Altrettanto<br />

evidente è che a Pedo e a Forum Germa(---), all’imbocco delle vallate alpine nell’attuale<br />

Piemone meridionale, esisteva un’organizzazione cultuale con edifici templari di qualche<br />

importanza, sacerdoti e personale ausiliario; nella prima località, in particolare, c’era<br />

sicuramente almeno un luogo per la venerazione delle Matronae, da sole o in compartecipazione<br />

con altre entità divine 437 .<br />

434 Giovanni Mennella, per esempio, ha tentato di verificare il grado di adesione privata delle élites<br />

della Cisalpina al culto delle divinità statali, interrogando un database di centosessanta iscrizioni sacre<br />

dalle quali sono esclusi i voti pubblici, il culto dell’imperatore, le donazioni e gli altri atti evergetici. Per<br />

quanto riguarda seviri ed augustali il database ha fornito sessantasei indicazioni utili relativamente a trentuno<br />

teonimi, di cui solo tredici rimandano a culti ufficiali o di matrice italica; il resto è relativo a divinità<br />

indigene (Belenus, Aesontius, Iunones), di probabile assimilazione (come Diana, Fons, Hercules, etc.), ctonie<br />

(Dis/Ditis, Aeracura, Liber e Libera, Terra Mater). Per i titolari di magistrature civiche o di cariche e dignità<br />

equiparabili, sono state ricavate trentuno indicazioni utili per diciassette teonimi: Iuppiter, Bona Dea,<br />

Neptunus, Fortuna e Tutela si registrano tra le divinità ufficiali di numero superiore a quelle sottoposte<br />

a probabile interpretatio (Diana, Hercules, Mars, Mercurius, Minerva). Sporadiche le iscrizioni rivolte a<br />

divinità ctonie o indigene. Le dediche dei militari ammontano a diciannove unità per un totale di dodici<br />

teonimi, in cui la componente ufficiale è rappresentata da Iuppiter, dalla triade capitolina, Mars, Fortuna,<br />

Spes e Victoria Augustae; le interpretazioni da Apollo Belenus, Iuppiter Poeninus, Mercurius; le preesistenze<br />

indigene da Aesontinus. Circa infine le due classi superiori, le dediche sono sedici e corrispondono a undici<br />

teonimi. Solo tre sono le attestazioni Iuppiter Optimus Maximus, seguite da Fortuna e Spes Augusta. Maggiore<br />

il numero degli dei interpretati come Diana o Mercurius; divinità ctonia è Terra Mater. La spiccata<br />

preferenza per i culti locali sarebbe determinata dal condizionamento ambientale, dall’influsso dei centri<br />

di aggregazione religiosa e di santuari di particolare prestigio che perpetuavano culti precedenti alla romanizzazione<br />

(come quello di Iuppiter Poeninus), dall’opportunismo nel conformare la propria religiosità<br />

a quella più corrente sul posto in cui veniva consacrata l’offerta votiva. La classe dirigente, inoltre, poteva<br />

intervenire a sostegno di classi di ceto non elevato, per garantire o preservare la funzionalità di un edificio<br />

di culto. Mennella 2003, pp. 481-502.<br />

435 Frézouls 1990, p. 185, nt. 24, p. 192, nt. 49, p. 194, nt. 58, p. 195, nt. 61, zaccaria 1990, p.<br />

147, Buchi 2002b, pp. 72-73.<br />

436 2 Su questi documenti, CIL III, 3776 (CIL I , 2285, ILS 4876, ILLRP 33), CIL III, 3777 (CIL III,<br />

10719, CIL I2 , 2286, ILLRP 34), cfr. Šašel Kos 1999a, pp. 54-55, zaccaria 2009b, p. 88. Cfr. alcuni<br />

significativi casi della Gallia, come quello dell’iscrizione da Mujouls, datata al II secolo d.C.: Deo Marti /<br />

Veracinio / M(arcus) Quartinius / Avitiani fil(ius) / Paternus / aedem fecit / et aram posu(it) / libens mer(i)/ti<br />

ex voto, AE 1971, 241, Barruol 1994, pp. 49-72, in particolare pp. 57-58, de Sury 1994, pp. 170-172.<br />

437 Mennella 1998, p. 169.

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