21.06.2013 Views

cover-Murgia_ 2013.pdf - OpenstarTs

cover-Murgia_ 2013.pdf - OpenstarTs

cover-Murgia_ 2013.pdf - OpenstarTs

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

da parte degli storici antichi delle realtà cultuali che andavano descrivendo 364 . Così, per<br />

esempio, Ogmio sarebbe Ercole, Teutates diverrebbe Mercurio o Marte 365 .<br />

Anche se si accettasse tale proposta, in parte condivisibile perché per interpretare è<br />

indispensabile conoscere ed identificare 366 , non è lecito, tuttavia, supporre né che nella<br />

realtà dei fatti fu operata un’assimilazione né che ad essa corrispose un’introduzione<br />

della divinità locale nel pantheon romano. Come affermato da Olivier de Cazanove «le<br />

assimilazioni non si fanno in nessun modo a caso, o a partire da vaghe somiglianze tra<br />

le due figure da raffrontare. Seguono invece precise leggi: le interpretationes prendono in<br />

considerazione il parallelismo o la divergenza delle competenze funzionali attribuite a<br />

ciascuna delle divinità, il posto che esse occupano nelle rispettive strutture religiose» 367 .<br />

364 Maier 1997, p. 158, parla di una «equation of two divinities», sulle cui ragioni, però, ammette<br />

non ci sia ancora chiarezza. Ando 2008, p. 43 ritiene sia riduttivo considerare interpretatio come un fatto<br />

esclusivamente linguistico-concettuale.<br />

365 Per questa ipotesi si veda, fra gli altri, Rigato 2008, p. 237. Un vero e proprio elenco di «divinità romane<br />

assimilate a quelle galliche», è proposto da Finocchi 1994, pp. 7-13. Cfr., però, Häussler 2008a, pp. 23-24.<br />

366 A proposito dell’interpretatio Raffaele Pettazzoni sosteneva che essa implicasse una comparazione. Le<br />

divinità sarebbero le medesime, espresse con nomi diversi nelle rispettive lingue, e perciò traducibili da una<br />

lingua all’altra Pettazzoni 1959, p. 1. L’interpretatio non sarebbe che una forma di «sincretismo puramente<br />

dottrinale e letteraria», Pettazzoni 2005, che a riguardo cita i noti passi di Erodoto, Cesare, Tacito. Invita<br />

ad un approccio critico Scheid 1999a, p. 385: «Il faut éviter d’utiliser sans critique préalable les textes et les<br />

descriptions de César, Diodore, Cicéron ou Tacite, comme si ces auteurs décrivaient des systèmes religieux<br />

universells, sembles aux religions du Livre. Il s’agit, en fait, chez ces auteurs d’abstractions généralisant certaines<br />

pratiques ou représentations, dont rien n’apprend quand elles ont été observées».<br />

367 Questo significa, quindi, che preliminare a qualsiasi proposta di interpretatio, intesa come identificatio,<br />

è la conoscenza, estremamente approfondita, delle caratteristiche, funzioni, gerarchie delle divinità appartenenti<br />

a sistemi religiosi non romani. Tentativi in questo senso sono compiuti, per esempio, nell’ambito<br />

del progetto Fontes Epigraphici Religionum Celticarum Antiquarum, i cui risultati scientifici sono pubblicati<br />

in diversi contributi, cfr. Dieux des Celtes 2002, Kelten und ihre Religion 2004, Keltische Götter 2005, Spuren<br />

keltischer Götterverehrung 2007, Continuity and Innovation 2007-2008, Divinidad Indígenas 2008, Dedicanti<br />

e cultores 2008. Si tenga presente che è formalmente improprio considerare il problema nei termini di una<br />

religione, poiché «Posséder une meme religion signifie que l’on appartient à la meme communauté religieuse<br />

et qu’on célèbre en commun des rites», Scheid 1999a, p. 383. Si vedano inoltre le riflessioni metodologiche<br />

in Marinetti 2008b, p. 157, a proposito dell’incidenza delle variabili spazio-temporali nell’analisi<br />

dei sistemi religiosi antichi. La studiosa propone l’esempio dei Veneti, considerati in termini unitari benché,<br />

nei fatti, poco si conosca della loro realtà sociopolitica. Da ciò deriva l’impossibilità di chiarire se esistesse<br />

un pantheon comune di riferimento o se, invece, ogni comunità elaborasse un sistema teologico autonomo.<br />

Analogamente «la celticità/gallicità dell’Italia» non è propriamente riconoscibile «come un blocco compatto<br />

e immutabile nello spazio e nel tempo, ma come una realtà (o una pluralità di realtà) complessa e flessibile,<br />

che interagisce con le altre ‘culture’ e comunità dell’Italia antica, che assorbe stimoli e influenze, o che – al<br />

contrario - esprime (e ‘rivendica’)», Vitali 2000, p. 221. Un esempio per tutti è il frazionamento delle<br />

tribù celtiche e liguri nell’Italia nord-occidentale: Salassi, Taurini, Sallui, Vertamacori, Bagienni, Statielli,<br />

Epanteri Montani, cfr. Cresci Marrone 1987, pp. 11-14. La restituzione di un sistema religioso ‘celtico’<br />

(o ‘ligure’) unitario si presenta, quindi, allo stato attuale dei dati disponibili prematuro. In quest’ottica ne<br />

deriva che la definizione stessa di ‘culto di sostrato’ presenta un rischio di genericità.<br />

72

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!