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ad accreditare il legame di Patavium con le tradizioni troiane. L’effetto propagandistico<br />

dell’episodio bellico del 302 a.C. è chiaro: «come i Romani, discendenti di Enea,<br />

hanno vendicato la distruzione di Troia asservendo le città dei re achei, così i Patavini,<br />

discendenti di Antenore, hanno lavato nel sangue l’antica offesa sconfiggendo il principe<br />

spartano Cleonimo già prima di essere romanizzati» 1130 . Un ulteriore elemento di condivisione<br />

si può ritrovare nella comune ostilità contro i Galli che, ai tempi del conflitto<br />

contro Cleonimo, costituivano un nemico quasi ‘endemico’; nemici comuni, quindi, a<br />

cementare un mitico legame di stirpe 1131 .<br />

È noto che la condivisa origine troiana, sancita dai due leggendari fondatori Enea ed<br />

Antenore, agì come fattore di potenziamento della collaborazione tra Veneti, soprattutto<br />

Patavini, e Romani e fu strategicamente sfruttata in più occasioni, soprattutto nel<br />

II secolo a.C.<br />

In questo momento, infatti, la leggenda troiana comincia a divenire il principale medium<br />

mitologico attraverso il quale molte tra le principali gentes potevano costruirsi un<br />

passato illustre e competitivo: una propaganda gentilizia nella quale poteva riconoscersi<br />

l’intera comunità, come ha magistralmente dimostrato Emilio Gabba 1132 .<br />

Emblematico il caso della gens Aemilia, che con tre tradizioni mitiche ancorava le<br />

proprie origini alla fondazione di Roma e alla saga iliaca 1133 : una leggenda, nota da Plutarco,<br />

vorrebbe Romolo figlio di Marte e di Emilia, figlia di Enea e Lavinia 1134 ; sempre<br />

Plutarco attesta un’altra leggenda genealogica secondo la quale la gens Aemilia discenderebbe<br />

da Numa Pompilio, attraverso il figlio Mamerco, detto, per la sua gentilezza<br />

e grazia nel parlare, Aimilios, nome greco derivante da un aggettivo corrispondente al<br />

latino lepidus 1135 ; Festo racconta, infine, che Ascanio avrebbe generato due figli, Iulio e<br />

Aemylon, quest’ultimo capostipite della gens 1136 .<br />

1130 Braccesi 1984, p. 107.<br />

1131 Cfr. Liv. 10.2.9: semper autem eos in armis accolae Galli habebant. Si veda anche Braccesi 2010, pp.<br />

113-117 a proposito delle stele patavine, datate tra IV e III secolo a.C., con cavalieri combattenti (Loredan<br />

I, Loredan II, Loredan III), nelle quali si sono riconosciute scene di celtomachia ed esaltazione della vittoria<br />

su Cleonimo.<br />

1132 Gabba 1976, p. 95.<br />

1133 La gens Aemilia fu estremamente attiva nello sfruttamento della propria memoria, sia attraverso l’uso<br />

propagandistico delle proprie origini, riallacciate alla fondazione stessa della città, sia per mezzo della comunicazione<br />

per imagines, di cui la Basilica Aemilia, vero e proprio monumentum familiare, è un chiaro esempio.<br />

Si vedano, tra i numerosi studi dedicati al tema, Gabba 1976, pp. 84-101; Giaggiotti 1985, pp. 53-80;<br />

Carettoni 1961, pp. 5-78; Albertson 1990, pp. 801-815; Kampen 1991, pp. 448-458; Cappelli 1993, pp.<br />

57-71; zevi 1997, pp. 81-115; Wiseman 1998, pp. 106-120; Allély 2000a, pp. 135-147; Allély 2000b, pp.<br />

27-52; Arya 2000, pp. 303-319; Ertel, Freyberger 2007, pp. 109-142; Lipps 2007, pp. 143-153.<br />

1134 Plu. Rom. 2.3.<br />

1135 Plu. Num. 8.18-19.<br />

1136 Fest. 22.<br />

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