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la natura pubblica o privata. I dati archeologici consentono di concludere che con la romanizzazione<br />

il santuario protostorico di San Pietro Montagnon non fu più frequentato e<br />

che si verificò, piuttosto, una moltiplicazione e diversificazione dei luoghi di culto in tutta<br />

l’area euganea. Impossibile, del resto, stabilire se questi avessero un rapporto preciso con la<br />

sede del santuario protostorico visto che l’intera zona, piuttosto ampia e ricca di sorgenti<br />

e polle d’acqua termale, ha restituito materiale riconducibile al sacro.<br />

Questa situazione determina come conseguenza, prima di tutto, che resta forzatamente<br />

incerto per San Pietro Montagnon un ruolo di ‘frontiera’ costante nel tempo. Il<br />

protettorato patavino sull’area aponense è certamente confermato alla metà del II secolo<br />

a.C., con la posa dei noti cippi che fissavano i confini inter Atestinos Patavinosque 1335 , ma<br />

da ciò non deriva automaticamente l’attribuzione di un carattere confinario al santuario<br />

né per quanto riguarda l’impianto originario né, tanto meno, per le fasi successive. Le<br />

controversie confinarie riguardavano, tra l’altro, «segmenti» territoriali 1336 , motivo per il<br />

quale andrebbe dimostrata, innanzitutto, la precisa corrispondenza simbolica tra il deposito<br />

di San Pietro Montagnon e il ‘segmento’ oggetto di contesa. Inoltre, suscita qualche<br />

perplessità il fatto che un santuario così importante, almeno fino al III secolo a.C. non<br />

solo per il culto delle acque salutifere, ma proprio per il suo ruolo di ‘frontiera della terra’,<br />

non abbia avuto una adeguata monumentalizzazione in una fase storica in cui tale specificità<br />

sarebbe stata ribadita anche amministrativamente. Esso fu, invece, abbandonato 1337 .<br />

L’abbandono del luogo di culto protostorico, inoltre, induce a supporre una noncontinuità.<br />

La titolarità del santuario protostorico di San Pietro Montagnon è ignota; l’unica<br />

iscrizione venetica (Pa 15) potenzialmente utile all’individuazione del teonimo è quella<br />

graffita su un vasetto a corpo biconico che ricorda l’offerta di Hevissos per Ve---oi 1338 . La<br />

desinenza del dativo in –oi farebbe riferimento esclusivamente ad una divinità maschile,<br />

dalle funzioni imprecisate.<br />

Per l’età romana, invece, le fonti letterarie ricordano il dio Aponus e il fons Aponi 1339 ;<br />

1335 Sulla pertinenza patavina del territorio euganeo si vedano Tosi 1987, pp. 159, 188, zanovello<br />

1998, pp. 311-328, secondo la quale si confermerebbe una situazione precedente, anche sulla base del fatto<br />

che gli ex voto di San Pietro Montagnon sarebbero «tutti riconducibili all›ambiente culturale e cultuale di<br />

Padova» e «alla tradizione patavina del culto delle acque sorgive».<br />

1336 I cippi sono posizionati lungo una linea coincidente con quella che taglia in senso longitudinale<br />

nord/ovest-sud/est il rilievo collinare lungo la direttrice Monte Venda-Castelnuovo-Teolo. I versanti collinari<br />

euganei risultano in tal modo equamente ripartiti tra le due città, zanovello 1997, p. 25.<br />

1337 Dämmer 2002b, p. 303.<br />

1338 La lettura del graffito è quella proposta da Prosdocimi 1983, pp. 308-310. Si veda anche Prosdocimi<br />

1988, pp. 292-293. Una recente autopsia dell’iscrizione non ha permesso di confermare tale proposta. Si vedano<br />

anche Pellegrini, Prosdocimi 1967, pp. 368-371, De Min 1981, p. 207, n. 3, tav. 38, Lazzaro 1981, p. 34.<br />

1339 Plin. nat. 2.103.227; Plin. nat. 31.6.61; Svet. Tib. 14.3; Mart. 1.61.1-4; Mart. 6.42.1-4; Sil.<br />

12.212-222; Anth. Lat. 36; Schol. Ver. Aen, 1.250; Claud. carm. min. 26; Mar. Vict. Aleth. 3.736-737;<br />

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