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53<br />

questioni di metodo<br />

circa la continuità dei culti, fenomeno, come si è visto, estremamente interessante, ma<br />

altrettanto discutibile.<br />

1.3. Luoghi di culto e aspetti giuridici<br />

La natura giuridica di un luogo di culto, per quanto indispensabile nel determinare eventuali<br />

varianti rituali, si rivela come la categoria più impervia da affrontare. Questa difficoltà<br />

deriva, innanzitutto, dalla natura non sempre esplicita delle fonti, perlopiù epigrafiche, e<br />

dalla complessità delle situazioni locali già in antico. Un culto poteva essere pubblico o<br />

privato 245 , ma infinite sfumature potevano derivare non solo dal variare dell’istituzione di<br />

riferimento, ma anche del beneficiario del culto, ovvero lo ‘stato’, un gruppo determinato di<br />

cittadini o una famiglia, e, non ultima, della proprietà del suolo. Un buon esempio a riguardo<br />

è offerto dal cosiddetto tempio ‘rotondo’ nel Foro Boario votato nel II secolo a.C. da un<br />

privato cittadino su terreno pubblico, con il permesso del senato, ad una divinità della res publica,<br />

ma in un’accezione ‘personale’, perché considerata artefice del successo commerciale 246 .<br />

Ancora più complessa, per una sostanziale carenza delle fonti, si rivela la situazione<br />

per le fasi preromane. Se si passa all’Italia nord-orientale, ad esempio, il santuario di<br />

Lagole di Calalzo offre interessanti spunti di riflessione su questi aspetti.<br />

Il santuario è considerato, nella storia degli studi 247 , come un luogo di culto territoriale,<br />

extraregionale, di confine tra genti diverse.<br />

A confermare il carattere ‘comunitario’ di Lagole sono quattro iscrizioni in venetico,<br />

incise su una lamina decorata e su tre manici di simpula, in cui ricorre il termine teuta,<br />

ovvero ‘comunità’ 248 . La parola ha un significato principalmente istituzionale e non ri-<br />

245 Un culto si definisce pubblico quando è celebrato dallo stato romano, da una città italica o da una<br />

provincia, da unità militari, mentre si configura come privato nel caso di sacrifici domestici, di collegi o<br />

gentilizi, Scheid 2005a, pp. 15, 19.<br />

246 Coarelli 1988, pp. 180-204. Un altro esempio sembra essere quello del culto di Iulius Anicetus<br />

a Sol divinus (CIL VI, 31034, CIL VI, 52, ILS 4335, CIL VI, 709, ILS 4336), nel II secolo a.C. Secondo<br />

Scheid 2005d, pp. 221-222, il tempio di Sol si configurerebbe come un luogo di culto privato, legalmente<br />

costruito su suolo pubblico e posto sotto il controllo pontificale. Per il luogo di culto cfr. LTUR IV, s.v. Sol<br />

Malachbelus/Malakbel, pp. 334-335 (J. Calzini Gysens), Ensoli 2001, pp. 123-128.<br />

247 Cfr., per esempio, Fogolari 2001a, p. 371, Capuis 2005, p. 511, De Min 2005, p. 116.<br />

248 Pellegrini, Prosdocimi 1967, pp. 173-174. Marinetti 2001b, pp. 70-71, Marinetti 2001c, p.<br />

340, n. 92, pp. 353-354, n. 190, p. 359, n. 216, pp. 364-365, n. 269. Giovanna Gambacurta ha precisato<br />

come il riferimento alla teuta proietti gli ex-voto in questione nell’ambito delle dediche pubbliche, Gambacurta<br />

2002d, pp. 106-107. Il termine ricondurrebbe, inoltre, ad un «santuario riconosciuto politicamente<br />

ed istituzionalmente», Gambacurta 1999c, p. 446. Si vedano, inoltre, i cippi rinvenuti a Oderzo, al margine<br />

della città preromana, che riportano l’iscrizione te, interpretata come teuta nel senso di civitas, Gamba,<br />

Gambacurta, Ruta Serafini 2008, p. 49.

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