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patavium e il suo territorio<br />

sta in acqua 1304 è tutt’altro che certa 1305 . La stessa concentrazione di monete può essere<br />

indice di una forma di tesaurizzazione più che di una aumentata capacità economica.<br />

La tipologia dei materiali, in cui è presente, seppur in percentuale ridotta, la ceramica<br />

non esclude, inoltre, la possibile pertinenza ad altri contesti: la necropoli di Brežec, a<br />

nord di San Canziano, per esempio, ha restituito trecentoventicinque tombe, databili<br />

tra il tardo Bronzo finale e la fase evoluta dell’età del Ferro (1000-600 a.C.); le sepolture<br />

erano costituite da semplici buche, coperte da lastre calcaree o di arenaria o da pietre o<br />

gruppi di pietre calcaree, contenenti ceneri e corredo metallico, mentre pare rara la presenza<br />

di ossuari in ceramica 1306 . Nella necropoli di Reka, lungo il medio corso del fiume<br />

Idra-Idrijca, datata al tardo periodo La Tène (I secolo a.C.) delle zone prealpina e alpina<br />

orientale, i corredi consistono in armi difensive e offensive in ferro, oggetti d’ornamento,<br />

come fibule e torques, svariati attrezzi agricoli e da lavoro, come vomeri da aratro,<br />

falcetti, asce, mentre la ceramica è scarsamente rappresentata 1307 .<br />

Un altro aspetto che mi sembra degno di attenzione è quello relativo all’unitarietà del<br />

contesto, dedotta esclusivamente dall’omogeneo stato di conservazione dei materiali e da<br />

osservazioni circa la loro ridotta dispersione sul fondale. Mi limito ad osservare che la distinzione<br />

più corrente in letteratura è tra depositi ‘aperti’ e ‘chiusi’, i primi contraddistinti<br />

da una gradualità di deposizione dei materiali, i secondi da una simultaneità 1308 . Le implicazioni<br />

relative ai concetti di ‘chiuso’ e ‘aperto’ sono molte, non ultime quelle di ordine<br />

cronologico: è stato, per esempio, notato come la deposizione graduale, al pari di quella<br />

simultanea, potesse avvenire in un medesimo lasso di tempo, con la differenza data esclusivamente<br />

dalla diversa modalità deposizionale 1309 . Nel caso patavino, la dislocazione in un<br />

ampio spazio dell’alveo fluviale delle evidenze archeologiche, unita alle difficoltà di recupero<br />

delle stesse 1310 , rende improponibile avanzare ipotesi sulla tipologia di questo deposito.<br />

1304 Cfr. le osservazioni proposte da zaghetto 1992g, p. 174, zaghetto, zambotto 2005, p. 49.<br />

1305 Bianchin Citton, Malnati 2001, pp. 197-223, con bibliografia.<br />

1306 Caput Adriae 1984, pp. 74-75.<br />

1307 Caput Adriae 1984, p. 102.<br />

1308 Il dibattito sulle caratteristiche deposizionali è, peraltro, ancora aperto. Si vedano, in proposito, le<br />

osservazioni metodologiche offerte da Bouma 1996, pp. 43-51, Bonghi Jovino 2005, pp. 31-34, 43-44;<br />

Bagnasco Gianni 2005, pp. 351-358.<br />

1309 Bagnasco Gianni 2005, p. 351.<br />

1310 Circa 100 x 25 m, zaghetto, zambotto 2005, p. 45. zaghetto 1992c, p. 90: «In ambiente<br />

fluviale risulta comunque difficoltoso realizzare piante dettagliate che riportino il posizionamento in scala<br />

di ogni singolo oggetto individuato; inoltre, anche le mappe che riproducono fedelmente la distribuzione<br />

dei reperti sono generalmente insufficienti per quanto concerne la registrazione dello stato di deposizione<br />

dei reperti stessi al momento del recupero: in altre parole, con la sola rappresentazione planimetrica, viene<br />

registrata la localizzazione, ma non il rapporto tra l’oggetto e il deposito (stratificazione) fluviale su cui esso<br />

giaceva o in cui era contenuto. Quand’anche questo dato sia registrato, è sempre assai difficile poter stabilire<br />

quali siano stati l’entità e il tipo di spostamento subìto dai reperti: se questi cioè siano stati erosi dalle pareti

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