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281<br />

aquileia e il suo territorio<br />

eventuale rapporto con il sostrato, nonché alla straordinaria fortuna di cui beneficiò ad<br />

Aquileia, dove è presente con sessantuno dediche che costituiscono la quasi totalità delle<br />

attestazioni epigrafiche relative al dio nell’Italia settentrionale 1589 .<br />

Il problema non è tanto quello della ‘celticità’ del dio, oggi generalmente ammessa<br />

1590 , quanto il fatto che Belenus possa essere ritenuto divinità ‘epicoria’ nel senso proprio<br />

del termine, ovvero ‘divinità del territorio’ e riferibile pertanto alla comunità di una<br />

presunta Ur-Aquileia.<br />

Considerare, infatti, che al momento della deduzione di Aquileia i Romani abbiano<br />

operato sul piano religioso secondo un principio di ‘mediazione’ accogliendo «il gallico<br />

Belenus», così come «l’indigeno Timavus» 1591 , lascia intendere se non l’esistenza di una<br />

comunità pre-romana con un pantheon organizzato, almeno quella di una religiosità di<br />

singoli individui sopravvissuta alla organizzazione dei sacra della colonia. Una ‘mediazione’,<br />

peraltro, allude in qualche modo ad una dimensione ufficiale del culto poiché,<br />

come si è visto, se si fosse trattato di una forma di devozione privata essa non sarebbe<br />

stata sottoposta a particolari restrizioni.<br />

Queste considerazioni prescindono sia dalla questione dell’antichità delle evidenze<br />

epigrafiche aquileiesi relative a Beleno 1592 , secondo alcuni attribuibili all’età cesariana o<br />

protoaugustea 1593 , mentre per altri almeno al II secolo a.C. 1594 , sia da quella estremamen-<br />

1589 Le iscrizioni dell’Italia settentrionale ammontano a sessantotto; tra le aquileiesi andrebbero censite,<br />

secondo Claudio zaccaria, anche le dediche trovate a Venezia, a Torcello e a Rimini, zaccaria 2001-2002,<br />

p. 131, nt. 16, zaccaria 2008a, pp. 390-391. Per una provenienza, invece, da Altinum delle epigrafi reimpiegate<br />

a Venezia e a Torcello, Cresci Marrone 2001b, p. 145.<br />

1590 L’ipotesi fu inizialmente considerata infondata, cfr. Calderini 1930, pp. 107-109.<br />

1591 Bandelli 2009a, pp. 111-112, Bandelli 2009b, pp. 44-45.<br />

1592 Risalgono all’età repubblicana, l’ara in calcare: A(ulus) Barbius A(uli) l(ibertus) Parnax / B(elino)<br />

v(otum) s(olvit) l(ibens) m(erito), CIL I 2 , 3411, Calderini 1930, p. 98, n. 39, Bandelli 1984, p. 218, n.<br />

6, Bandelli 1988a, p. 99, n. 16, InscrAq 3, Fontana 1997a, pp. 192-193, n. 18, zaccaria 2008a, p. 383<br />

(di cui si riporta la trascrizione); ara in calcare: L(ucius) C(---) Urs(io?) N(umeri) f(ilius) B(elino) / d(onum)<br />

d(at) l(ibens) m(erito), CIL I 2 , 3412, Calderini 1930, p. 99, n. 46, Bandelli 1988a, p. 93, nt. 170, InscrAq<br />

4, Fontana 1997a, p. 189, n. 13, zaccaria 2008a, p. 383 (di cui si riporta la trascrizione); ara in calcare:<br />

L(ucius) Pinn[i]u[s] / L(uci) l(ibertus) Sopilus / B(eleno) d(at), CIL I 2 , 3413, Calderini 1930, p. 100, n. 57,<br />

Bandelli 1984, p. 218, n. 17, Bandelli 1988a, p. 99, n. 17, InscrAq 5, Fontana 1997a, pp. 193-194, n.<br />

19; cippo troncopiramidale: [------] / Bel(ino) d(ono) d(at), InscrAq 6, Fontana 1997a, pp. 195-196, n. 23,<br />

zaccaria 2008a, p. 383 (di cui si riporta la trascrizione).<br />

1593 Per questa datazione Verzár Bass 1991, p. 275, Fontana 1997a, p. 157.<br />

1594 Secondo zaccaria 2008a, p. 382, zaccaria 2009b, p. 87, il cippo di forma troncopiramidale<br />

con dedica a Belenus (InscrAq 6) riprenderebbe una tipologia nota a Lanuvium, a Praeneste e a Pisaurum e<br />

sarebbe databile al II secolo a.C. Il confronto, però, non tiene conto delle diverse dimensioni dei pezzi. I<br />

cippi pisaurenses, infatti, possono superare il metro d’altezza, mentre quello aquileiese è alto circa 26 cm. Si<br />

vedano, a titolo esemplificativo, il cippo ad Apolonei (95 x 42,5 x 34,5 cm), Cresci Marrone, Mennella<br />

1984, pp. 89-93, a Fides (117 x 43 x 41,5 cm), Cresci Marrone, Mennella 1984, pp. 93-98, a Iuno (102<br />

x 47 x 46 cm), Cresci Marrone, Mennella 1984, pp. 98-101, a Iuno Lucina (88,5 x 45 x 38 cm), Cresci

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