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verona e il suo territorio<br />

bile dei luoghi di culto della Valpolicella. Sembra prematuro, quindi, concludere che la<br />

‘religiosità’ del pagus Arusnatium avesse «i suoi poli geografici in tre siti accomunati dalla<br />

collocazione eminente», ovvero San Giorgio di Valpolicella, Mazzano, nell’alta valle di<br />

Negrar e il Monte Castellon, presso Marano di Valpolicella 812 . Solo quest’ultimo luogo,<br />

infatti, conserva i resti di una struttura templare dedicata a Minerva.<br />

Se, quindi, alcuni teonimi (Lualda – o Lua -, Cuslanus, Ihmnagalle e Sqnnagalle, Iuppiter<br />

Felvennis) sono hapax legomena, se la funzione del manisnavius è imprecisabile 813 , se<br />

poche sono le indicazioni topografiche suggerite dalle iscrizioni, resta da chiarire quale<br />

possa essere l’approccio metodologico più corretto per la comprensione del fenomeno<br />

religioso nel pagus Arusnatium e degli eventuali rapporti tra culti romani e culti di<br />

sostrato.<br />

A questo proposito Lanfranco Franzoni ha chiarito come «la tendenza oggi prevalente<br />

nell’esame del problema arusnate sembra essere quella di articolare la risposta in<br />

due momenti, il primo dei quali punta ad evidenziare la base etnica fortemente etruscheggiante<br />

(Reti), mentre il secondo mira a far emergere dai singoli teonimi le tracce di<br />

contaminazioni da culture contermini, particolarmente venetica e gallica» 814 .<br />

Non è questa la sede per addentrarsi in osservazioni di carattere linguistico, che peraltro<br />

finora non hanno dato risultati condivisi 815 , ma credo che sia imprescindibile, per<br />

l’analisi dei culti attestati in Valpolicella, porre l’attenzione al contesto etnico-culturale<br />

entro il quale si inseriva la comunità arusnate. È opportuno precisare, con le parole di<br />

Galsterer, che il pagus Arusnatium «non è o etrusco o retico o gallico o venetico, ma<br />

situato in una zona di transizione all’incrocio di importanti strade est/ovest e nord/<br />

sud, desterebbe meraviglia se non avesse conservato elementi un po’ di tutti, inclusi i<br />

Romani» 816 . In un certo senso stupisce il fatto che negli innumerevoli studi dedicati agli<br />

Arusnates la presenza romana abbia avuto un ruolo, per così dire, marginale. Eppure,<br />

come si è visto, tutte le iscrizioni sono riconducibili alla prima e media età imperiale,<br />

sono aderenti al modello romano sia nella formule di dedica sia nei supporti, sono poste<br />

da dedicanti la cui onomastica non denuncia, se non nel caso di Cusonia Maxima, un’origo<br />

indigena 817 . Anche le cariche sacerdotali rientrano nella tradizione: un esempio per<br />

tutti, il pontifex sacrorum, che più che sovraintendere ai culti anteriori alla romanizzazio-<br />

812 Franzoni 1987, p. 86. Cfr. anche Bruno, Hudson 2003, p. 121.<br />

813 Per il manisnavius, cfr. Bassignano 1978, pp. 129-130, Bassignano 1983-1984, pp. 80-82, Bassignano<br />

1987, pp. 319-320.<br />

814 Franzoni 1982, pp. 72-73. La ricerca della presunta ‘celticità’ ma anche, si potrebbe dire, ‘reticità’,<br />

‘veneticità’, di divinità non-romane attraverso studi di carattere linguistico o etnico-culturale dovrebbe essere<br />

condotta con prudenza secondo zaccaria 2001-2002, pp. 135-136.<br />

815 Cfr., in proposito, le osservazioni proposte da Galsterer 1994b, pp. 60-61.<br />

816 Galsterer 1994b, p. 62.<br />

817 Cfr. le osservazioni proposte da Galsterer 1994b, p. 60.

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