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1. Luoghi di culto<br />

Questioni di metodo<br />

La religio romana si configura come fondata sulla pratica 134 : da ciò deriva che l’analisi<br />

delle fonti relative agli aspetti rituali e/o cultuali non può prescindere dai cosiddetti<br />

‘luoghi di culto’ poiché è in essi che «erano conservate iscrizioni, offerte, altari, statue,<br />

in breve tutto quello che ci informa sulle religioni dell’Italia antica, e poiché l’organizzazione<br />

stessa –la topografia- [...] rispecchia in qualche modo il culto ivi praticato» 135 .<br />

L’attenzione al ‘contesto’ si rivela ineludibile tanto più se si riflette sul fatto che «un<br />

rite romain...ne sera jamais le même selon le lieu, l’époque, la communauté concernés.<br />

Les rites romaines n’étaient pas universels» 136 . La definizione di ‘luogo di culto’, ovvero<br />

‘santuario’, è stata di recente messa a punto 137 , così come è stato proposto che il sistema<br />

134 Cfr., per esempio, Scheid 2000a, p. 63, Scheid 2007a, p. 20.<br />

135 Scheid 2000a, p. 63.<br />

136 Scheid 1997, p. 52. Lo studioso, pur accogliendo la possibilità di una sorta di «styles religieux ou<br />

une culture religieuse régionaux», ha esposto il concetto in più contributi, cfr., fra gli altri, Scheid 2000a,<br />

p. 64, Scheid 2006, p. 442, Scheid 2009, p. 431.<br />

137 Proporre una definizione univoca del termine non è semplice. Le fonti letterarie indicano una molteplicità<br />

di espressioni che riflettono la varietà di ubicazione, gestione, funzione dei ‘luoghi di culto’. Così, ad esempio,<br />

sacrarium, che con sole cinquantatre attestazioni costituisce uno dei termini meno frequenti, sembrerebbe<br />

indicare un piccolo luogo di culto, una sorta di cappella privata o pubblica; analogo concetto esprimerebbe<br />

il vocabolo sacellum, mentre templum ‘spazio inaugurato’ appare largamente adottato (ben ottocentoventisette<br />

ricorrenze) in varie accezioni. A dispetto dei moderni tentativi di classificazione, le fonti rivelano un uso<br />

promiscuo di alcune parole, cosicché il tempio di Castore a Roma può essere definito tanto templum Castoris,<br />

quanto aedes Castoris e, similmente, il tempio di Apollo a Delo, templum Apollinis o fanum Apollinis. Per una<br />

rassegna dei termini usati dalle fonti letterarie ed epigrafiche, tra II secolo a.C. e III secolo d.C., cfr. Dubourdieu,<br />

Scheid 2000, pp. 59-80 con bibliografia precedente; per una definizione di ‘luogo di culto’, cfr. Glinister<br />

1997, pp. 61-80, Scheid 1997, p. 52, Boesch Gajano 2000, pp. 399-400, Scheid 2007a, pp. 55-67.<br />

L’ambiguità, o per lo meno la diversità, terminologica è ancora più accentuata a proposito dei ‘luoghi di culto’<br />

preromani, fatto in parte dovuto alla varietà etnografica e poleografica della penisola italica, almeno fino alla<br />

guerra sociale, cfr. de Cazanove 1993, pp. 12-19, de Cazanove 2000a, pp. 71-76, de Cazanove 2000b, p.<br />

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