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Il testo è il seguente: - - - - - - / q(ui) s(upra) s(cripti) s(unt) aedem Belini / [de su]a pecunia<br />

refecere et / [clu]pea inaurata in fastigio V / et signa duo dedere / [P(ublio) Erbonio P(ubli)<br />

l(iberto) Principe / [Se]x(to) [V]otticio Sex(ti) l(iberto) Argentillo / mag(istris) vic(i) 1738 .<br />

Benché il testo, mutilo, non conservi i nomi degli evergeti, si è proposto, sulla base<br />

del confronto con altre iscrizioni vicane, di attribuire l’opera ai magistri di un collegium<br />

dedito al culto di Belenus 1739 . La collocazione del tempio nel tessuto urbanistico antico<br />

è ignota, ma alcune proposte sono state avanzate già a partire dagli anni Cinquanta del<br />

secolo scorso.<br />

Si deve a Placidia Moro il primo tentativo di identificazione dell’aedes Belini con il<br />

tempio forense. Secondo la studiosa il fatto stesso che Belenus fosse «divinità autoctona<br />

della regione» avrebbe spiegato la posizione di rilievo del luogo di culto all’interno<br />

dell’abitato 1740 . Questa proposta è stata esclusa sia da Luisa Bertacchi sia da Mario<br />

Mirabella Roberti, secondo i quali l’edificio sarebbe meglio identificabile con il Capitolium<br />

1741 . Anche Fulvia Mainardis, in anni recenti, ha ribadito che il tempio forense<br />

doveva essere riservato, in forza della sua centralità, «alla triade capitolina o ad altri dei<br />

del pantheon romano» 1742 .<br />

Una prospettiva diversa è proposta da Federica Fontana, secondo la quale il culto di<br />

Belenus avrebbe potuto trovare sede in una struttura templare ubicata nel cuore dell’abitato<br />

alpino, laddove poi sarebbe sorto, in età augustea, il foro e i suoi monumenti a carattere<br />

sacro e civile. La studiosa ha ricordato che, al di sotto del podio del tempio forense, sarebbero<br />

parzialmente conservati resti monumentali pertinenti ad una fase precedente a quella<br />

di età imperiale 1743 . Il luogo sacro avrebbe ospitato il culto di una divinità intermediaria<br />

tra la facies celtico-veneta e quella latina. La situazione non sarebbe, quindi, dissimile da<br />

quella bresciana dove il tempio capitolino insisterebbe su una precedente struttura 1744<br />

dedicata, con molta probabilità, a divinità che rappresentavano «la mediazione tra le varie<br />

componenti della comunità bresciana», ovvero Cenomani e Latini 1745 .<br />

Il problema della collocazione del luogo di culto non può essere certo svincolato da<br />

una complessiva riconsiderazione delle fasi cronologiche di costruzione e restauro dell’e-<br />

Wojciechowski 2002, p. 29, nt. 5, Mainardis 2007, p. 294, Mainardis 2008, pp. 85-88, n. 1, zaccaria<br />

2008a, pp. 382, 386, zaccaria 2009b, p. 88.<br />

1738 Si riporta la trascrizione proposta da Mainardis 2008, p. 85.<br />

1739 Si veda, in merito, Mainardis 2008, pp. 85-86, Todisco 2011, p. 203. Documenti simili sono<br />

l’iscrizione che ricorda un’aedes Herculis e la dedica dei magistri a (o di) P[---] (AE 1994, 673).<br />

1740 Moro 1956, p. 56.<br />

1741 Bertacchi 1959, cc. 53-55, Mirabella Roberti 1976, p. 97.<br />

1742 Mainardis 2008, p. 87.<br />

1743 Fontana 1997b, cc. 203-204.<br />

1744 Rossi, Garzetti 1997, pp. 77-93, Rossi 2007, pp. 205-208.<br />

1745 Landucci Gattinoni 1989, pp. 30-44.<br />

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