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161<br />

verona e il suo territorio<br />

metà del I secolo a.C., infatti, l’apparato decorativo del tempio sarebbe stato percepito<br />

come una forma non più in voga rispetto allo ‘stile’ in auge in quel momento 878 . Poco<br />

meno di un secolo dopo, invece, per la seconda fase edilizia dello stesso tempio si preferì<br />

adottare una tecnica costruttiva, quale l’opera reticolata, rarissima in Italia settentrionale<br />

e soprattutto legata a maestranze della migliore tradizione centro-italica.<br />

Questi aspetti sono imprescindibilmente legati a quello del rapporto tra la realizzazione<br />

dell’edificio e la committenza, per la quale si è pensato ad uno o più personaggi di<br />

«cultura romana» 879 . In tal senso, non è necessario pensare ad una provenienza ‘urbana’,<br />

dato che sono note gentes veronesi, che intrattenevano rapporti di carattere politico o<br />

commerciale con Roma e tra le quali si annoverano i Valerii, i Cornelii, i Clodii, i Magii.<br />

È importante rilevare, però, che anche quelle documentate più anticamente, come i Valerii<br />

ed i Cornelii, sono note solo dalla prima metà del I secolo a.C. 880 . Per quanto si tratti<br />

di un argumentum ex silentio, se si volesse pensare alle più influenti famiglie veronesi, importatrici<br />

di mode centro-italiche, non si spiegherebbe la ragione per la quale il tempio<br />

di Marano sarebbe stato costruito seguendo apparati decorativi ‘attardati’, diversamente<br />

da quanto accade a Verona.<br />

Individuare la committenza della prima fase del tempio in questi anni si presenta, in<br />

definitiva, piuttosto problematico.<br />

A parte ciò, altre osservazioni inducono a riconsiderare, sulla base dei dati offerti<br />

dalle pitture di primo stile, una datazione della prima fase del tempio ai primi decenni<br />

del I secolo a.C. In tale periodo si avrebbero, infatti, a Verona e nel territorio tre soli<br />

luoghi sacri, quello sul colle San Pietro e quello lungo la via Postumia, in area urbana e<br />

periurbana 881 , e quello di Marano nell’agro; quest’ultimo avrebbe dovuto assolvere ad un<br />

ruolo di un certo rilievo se la comunità veronese decise di edificarlo ex-novo in seguito<br />

878 Non sembra infatti, il caso di un voluto richiamo ‘arcaizzante’, come accade, invece, per il Capitolium<br />

di Verona, EAA suppl. II, V, s.v. Verona, p. 1019 (G. Cavalieri Manasse), Cavalieri Manasse 2008b,<br />

p. 308. Diverso è il caso delle pitture di primo stile: a Pompei, infatti, esso sopravvive restaurato o riproposto<br />

come imitazione soprattutto nella parte pubblica della casa, dall’età augustea. Sul cosiddetto primo stile<br />

‘retró’ e sulle possibili ragioni della sua diffusione, Mols 2005, pp. 243-246.<br />

879 www.archeopd.beniculturali.it. Si veda anche L’Arena, 16 marzo 2013 (A. Ceschi): «L’esperta ha<br />

esposto a Parigi anche come il tempio di Marano racconti, da alcuni particolari rivelatori, la sua reale importanza<br />

nel contesto storico-politico dell’epoca. La strana planimetria del tempio, di età imperiale, e l’uso<br />

dell’opera reticolata, la decorazione pittorica della fase di età tardo-repubblicana, appartenente al primo stile<br />

pompeiano, confermano infatti la presenza di un santuario di grande importanza con un forte significato<br />

politico per l’epoca».<br />

880 Cavalieri Manasse 2003b, pp. 10-12, 16, Cavalieri Manasse 2008d, p. 291.<br />

881 La fisionomia urbanistica e monumentale della Verona premunicipale è del tutto impossibile da ricostruire<br />

per mancanza di dati. Le sole evidenze monumentali degne di nota sono rappresentate dal tempio<br />

‘poliadico’ sul colle San Pietro, attribuito, seppur ipoteticamente, ad una committenza locale, e il santuario<br />

costruito lungo la via Postumia, la cui origine, natura e funzione non sono state ancora chiarite.

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