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L'elleboro, fiore della saggezza - Banca Popolare di Sondrio

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«Ancora ridon tra le lunghe ciglia<br />

gli occhi, e fingete che vi arrida<br />

amore; ma racconta per voi, questo<br />

fior d’arnica la gran malinconia del<br />

vostro cuore».<br />

Elisabetta Barrett-Browning<br />

L’arnica, piccola macchia <strong>di</strong> sole<br />

Da maggio ad agosto appare sui prati meno ricchi d’erba e sui pascoli alpini,<br />

fra i 1000 e i 2500 metri, su terreno siliceo e povero <strong>di</strong> calcare l’Arnica. I suoi fiori<br />

sono giallo vivo nella corona periferica, mentre quelli che formano il <strong>di</strong>sco<br />

centrale presentano una tonalità più intensa, qualche volta nella gamma dell’arancione.<br />

Le foglie sono ovaliformi, <strong>di</strong>sposte a rosetta a livello del suolo e se<br />

ne scorgono altre due, o quattro, molto piccole, lungo il fusto che può essere<br />

alto un palmo oppure superare il mezzo metro.<br />

Queste le caratteristiche morfologiche <strong>di</strong> una pianta che ha un particolare<br />

potere: i suoi fiori sembrano assorbire la luce e al tramonto, o quando il cielo<br />

è coperto dalle nuvole, la rimandano con straor<strong>di</strong>naria intensità che si <strong>di</strong>ffonde<br />

nell’aria come una vibrazione cromatica. Per qualche istante è come se il<br />

sole tornasse a illuminare il prato o il pascolo, frazionato in piccole macchie<br />

dorate che sembrano sospese a mezz’aria.<br />

Questa pianta è presente sulle Alpi in una sola specie, l’Arnica montana, <strong>della</strong><br />

famiglia delle Composite; in francese si chiama arnica des montagnes, in inglese<br />

Mountain Arnica e in tedesco Arnika Wohlverleih. Nella tra<strong>di</strong>zione popolare,<br />

invece, è nota come piantagine delle Alpi, battonica, stranudèla, tabach de<br />

montagna oppure tabacco dei Vosgi.<br />

A proposito <strong>di</strong> tabacco, in alcune valli, soprattutto nelle Alpi centrali, persiste<br />

l’antica abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> fumare foglie <strong>di</strong> arnica in sostituzione del normale tabacco,<br />

sia a scopo <strong>di</strong>sinfettante delle prime vie respiratorie, sia come <strong>di</strong>sintossicante.<br />

Ad<strong>di</strong>rittura, essa era ritenuta un potente febbrifugo, tanto da essere<br />

in<strong>di</strong>cata come la china dei poveri. Questa utilizzazione è abbastanza strana se<br />

si pensa che l’arnica è oggi considerata un tossico che può colpire gli organi più<br />

delicati e agire negativamente sul sistema nervoso.<br />

La contrad<strong>di</strong>zione che si nasconde nei solari riflessi dell’Arnica montana trova<br />

un ulteriore motivo <strong>di</strong> interesse nell’origine abbastanza oscura del suo nome<br />

che pare derivi dal greco ptarmico, termine che tradotto a braccio significa «che<br />

fa starnutire».<br />

Della presenza dell’arnica sul nostro territorio non si hanno precise documentazioni<br />

anteriori al Mille e si deve a sant’Ildegarda <strong>di</strong> Bingen (1098-1179), mistica<br />

benedettina tedesca, <strong>di</strong> aver parlato <strong>di</strong>ffusamente <strong>della</strong> pianta <strong>di</strong> cui ci stiamo<br />

occupando, sia per vantarne le virtù terapeutiche sia per sottolinearne gli «arcani<br />

poteri». Non bisogna <strong>di</strong>menticare che questa santa, badessa dell’abbazia<br />

<strong>di</strong> Disibodenberg e fondatrice del monastero <strong>di</strong> Bingen, è nota per le straor<strong>di</strong>narie<br />

visioni, spesso profetiche, che avvenivano durante momenti <strong>di</strong> estasi<br />

simile a uno stato ipnotico, il cui meccanismo poteva, forse, essere indotto da<br />

particolari pozioni. Questa è, ovviamente, una pura supposizione che nulla<br />

toglie alle virtù <strong>di</strong> sant’Ildegarda, cui dobbiamo essere grati <strong>di</strong> averci lasciato<br />

precise informazioni <strong>di</strong> carattere botanico.<br />

La stessa cosa possiamo <strong>di</strong>re per i componenti <strong>della</strong> Scuola me<strong>di</strong>ca salernitana,<br />

convinti estimatori dell’Arnica descritta minuziosamente, e anche <strong>di</strong>segnata,<br />

da Pierandrea Mattioli (1500-1577) me<strong>di</strong>co e naturalista considerato il coor<strong>di</strong>natore<br />

<strong>di</strong> tutte le nozioni scientifiche allora conosciute e relative al Regno<br />

vegetale.<br />

Questa, in sintesi, la storia abbastanza singolare <strong>di</strong> una pianta considerata<br />

curativa, mentre la scienza moderna ne sostiene ad<strong>di</strong>rittura la pericolosità: è<br />

tenuta in poco conto sotto il profilo ornamentale, mentre meriterebbe maggiore<br />

attenzione, sia nella specie europea, ossia l’Arnica montana, sia nelle specie <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>versa origine, come l’Arnica chamissonis, l’Arnica cor<strong>di</strong>folia, l’Arnica foliosa<br />

e l’Arnica mollis che provengono dal continente americano, fioriscono tutte in<br />

<strong>di</strong>versi toni <strong>di</strong> giallo-arancione e si prestano a decorare balconi e giar<strong>di</strong>ni.<br />

L’Arnica montana non si confonde con le consorelle d’America e continua a<br />

vivere, in aristocratico isolamento, nelle valli alpine, pronta a sfidare il vento<br />

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