SCHEDA BOTANICA Nome scientifico: Carlina acaulis Nomi popolari: rosa <strong>di</strong> terra, cardo argentino, carcioffola <strong>di</strong> montagna, spino <strong>di</strong> prato, cariopinto Origine: Europa centro-meri<strong>di</strong>onale Famiglia: Composite Fiori: capolini molto gran<strong>di</strong>, con una corona <strong>di</strong> brattee dalla consistenza pagliosa, argentee; questi strani fiori sono privi <strong>di</strong> gambo o «caule». Il <strong>di</strong>ametro arriva a 15 centimetri. Appaiono da luglio a settembre e sono sensibilissimi alle variazioni climatiche, tanto da essere noti come «fiori segnatempo» Caratteristiche: foglie coriacee, riunite in una rosetta basale; presentano lobi molto segmentati, pungentissimi. Sono piante assai ricercate dagli insetti melliferi Etimologia: l’origine del nome è controversa; secondo Linneo ricorda il kaiser Carlo V (1500 1558) il cui esercito colpito dalla peste, pare sia stato guarito da una pozione a base <strong>di</strong> carlina; altri sostengono che l’aneddoto riguar<strong>di</strong> le truppe <strong>di</strong> Carlo Magno La carlina non ama questo gioco, vuol vedere soltanto azzurro e sole e quando l’aria si fa umida e l’orizzonte si oscura, chiude il suo grande occhio argenteo, quasi non volesse guardare. La corona <strong>di</strong> brattee si ripiega verso il centro <strong>della</strong> corolla, ma non per capriccio; per uno scopo ben preciso: proteggere il cuore <strong>della</strong> carlina dove si nascondono gli organi <strong>della</strong> riproduzione. Se l’umi<strong>di</strong>tà o la pioggia riuscissero a inumi<strong>di</strong>re il polline, la pianta avrebbe ben poche speranze <strong>di</strong> essere riprodotta grazie alla visita degli insetti pronubi, ossia degli insetti incaricati <strong>di</strong> facilitare le nozze tra <strong>fiore</strong> e <strong>fiore</strong>. Tutti sanno che in montagna il clima è quanto mai variabile e che nel giro <strong>di</strong> pochi minuti il sole appare e scompare, l’aria si raffredda o si riscalda e questi mutamenti si traducono per la simpatica quanto pungente Carlina acaulis in un continuo aprirsi e chiudersi, quasi come fanno le valve <strong>di</strong> una conchiglia. Il comportamento <strong>di</strong> questa in<strong>fiore</strong>scenza le ha meritato un posto d’onore fra le specie segnatempo, tanto è vero che sulla porta delle baite e delle malghe non è raro vedere appeso un mazzo <strong>di</strong> carline con il compito <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care con <strong>di</strong>ligenza il tempo che farà. Infatti, queste in<strong>fiore</strong>scenze conservano la loro proprietà e sensibilità igrometrica anche dopo essere state raccolte; basta che il tasso <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà atmosferica superi un certo livello perché il nostro segnatempo vegetale si metta in movimento. Un comportamento davvero interessante, noto in tutta Europa e che ha reso quanto mai popolare la carline des Alpes (per i francesi), Stemless carline thistle (per gli inglesi) e che i tedeschi chiamano Silber<strong>di</strong>stel. In Italia la si conosce come «spin de pra», «rosa <strong>di</strong> terra», «cardunceddu», «cardu argentin», «carcioffola de montagna». È una specie che vanta anche qualche merito in campo erboristico, tanto è vero che la sua ra<strong>di</strong>ce viene utilizzata per preparare pozioni <strong>di</strong> buona efficacia a scopo <strong>di</strong>sintossicante e <strong>di</strong>uretico. Ben <strong>di</strong>fferente l’uso antico, quando si credeva che lo «spin de pra» potesse agire contro il mal nero, ossia la peste (purtroppo <strong>di</strong> recente tornata alla ribalta in In<strong>di</strong>a) tanto è vero che stando alle cronache le truppe <strong>di</strong> Carlo Magno o <strong>di</strong> Carlo V vennero curate con gran decotti <strong>di</strong> Carlina acaulis quando la terribile infezione prese il profilo dell’epidemia. È improbabile che la cura sia stata <strong>di</strong> una qualche efficacia, se non per un effetto placebo, utile per dare ai soldati l’impulso a continuare le faticosissime marce. In queste vicende <strong>di</strong> guerra la pianta <strong>di</strong> cui ci stiamo occupando è stata così importante che l’origine del suo nome scientifico pare sia da attribuire proprio al ricordo dei due condottieri appena ricordati. Un’altra versione, forse la più atten<strong>di</strong>bile, fa risalire il nome carlina a car<strong>di</strong>na, ossia piccolo cardo e, in realtà, la nostra piantina segnatempo è proprio un cardo senza gambo (acaulis, senza caule) <strong>di</strong>fferente dalla Carlina vulgaris che occupa lo stesso habitat ma è fornita <strong>di</strong> un fusto ramificato e non presenta un meccanismo <strong>di</strong> reazione altrettanto rapido al variare del clima. Di quest’ultimo tipo <strong>di</strong> carlina bisogna <strong>di</strong>re che il suo territorio supera il mare Me<strong>di</strong>terraneo e raggiunge le coste africane, <strong>di</strong>ffondendosi particolarmente in Egitto e in Abissinia. La Carlina acaulis, invece, possiede uno spirito decisamente europeo e dopo aver colonizzato le Alpi e gli Appennini ha raggiunto la Spagna, i Balcani e la Russia centrale. Per completare il nostro incontro con la rosa <strong>di</strong> terra o spin de pra che <strong>di</strong>r si voglia, aggiungiamo che questa pianta così particolare appartiene alla famiglia delle Composite, <strong>di</strong> cui fanno parte anche le margherite, tanto per intenderci, e conta una ventina <strong>di</strong> specie che non godono la stessa popolarità dell’argentea in<strong>fiore</strong>scenza che, pur non alzandosi oltre il livello <strong>della</strong> magra erba dei pascoli, non fa che guardare il cielo. Sembra quasi stregata dal celeste, dall’azzurro o dal pervinca <strong>della</strong> grande volta che chiude la montagna come sotto una cupola d’aria, <strong>di</strong> sole, <strong>di</strong> colori, <strong>di</strong> vento. Sembra stregata da tanta meraviglia la Carlina acaulis e non sopporta proprio che l’ombra <strong>di</strong> una nuvola possa privarla <strong>di</strong> uno spettacolo così suggestivo. Meglio, molto meglio comandare a una corona <strong>di</strong> cellule particolari <strong>di</strong> produr 138
e la giusta quantità <strong>di</strong> auxina, sostanza ormonale che ha il potere <strong>di</strong> indurre un processo chimico utile a far compiere a determinate parti <strong>di</strong> una pianta dei movimenti o a provocare importanti variazioni: il mutar colore delle foglie in autunno, la caduta dei frutti in soprannumero, la reazione <strong>della</strong> Mimosa pu<strong>di</strong>ca o sensitiva che quando viene sfiorata abbassa il fogliame quasi fosse appassito e per convincere gli animali erbivori a passar oltre, a cercare una vegetazione più fresca. Questa complessa elaborazione chimica, sicuramente svilita da una descrizione così sintetica, nella carlina segnatempo impone alle brattee <strong>della</strong> corona <strong>di</strong> richiudersi, <strong>di</strong> raccogliersi a protezione dei fiori centrali. Ed è per questo ingegnoso stratagemma che scomparse le nuvole la carlina torna a farsi stregare dall’azzurro, dal cielo sereno e riacquista i suoi riflessi <strong>di</strong> madreperla, sicuro richiamo per gli insetti che volano lassù, in cima alla montagna. 139
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