L'elleboro, fiore della saggezza - Banca Popolare di Sondrio
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«Che cosa è più <strong>di</strong>fficile <strong>di</strong> tutto?<br />
Ciò che sembra più facile: vedere la<br />
realtà <strong>di</strong> quello che abbiamo<br />
proprio sotto gli occhi. Come certi<br />
fiori che sono un miracolo <strong>di</strong><br />
bellezza».<br />
J. W. Goethe<br />
I semprevivi <strong>di</strong>pingono la roccia<br />
Potrebbero essere chiamate le «piante dell’impossibile» e la loro presenza è così<br />
connaturata con l’ambiente montano che il più delle volte sfioriamo una macchia<br />
<strong>di</strong> Sempervivum senza accorgerci <strong>della</strong> loro presenza, senza soffermarci<br />
ad ammirarne la bellezza e lo straor<strong>di</strong>nario tecnicismo <strong>della</strong> loro struttura<br />
morfologica. Ma è solo una <strong>di</strong>strazione momentanea, una <strong>di</strong>sattenzione superficiale<br />
perché nel mosaico dei colori, degli aromi, delle sensazioni che si identificano<br />
nell’immagine <strong>della</strong> montagna, i semprevivi sono ben presenti, come<br />
un leggero sottofondo, una trama che si riaffaccia costante fra i mille motivi <strong>di</strong><br />
un intreccio <strong>di</strong> verde, <strong>di</strong> fiori, <strong>di</strong> forme.<br />
Li ritroviamo tra sasso e sasso, sui vecchi muretti <strong>di</strong>visori che chiudono prati<br />
e pascoli in una imprecisa rete grigia, li ve<strong>di</strong>amo ricamare orli bianchi, gialli,<br />
rossi o glauchi lungo le scarpate o i pen<strong>di</strong>i che fanno da spalla ai boschi e più<br />
su, oltre i duemila, li ve<strong>di</strong>amo impegnati a <strong>di</strong>pingere la roccia, ovunque il vento<br />
abbia raccolto un pugno <strong>di</strong> terra e <strong>di</strong> humus, ovunque la vita possa avere<br />
inizio.<br />
I Sempervivum appartengono alla famiglia delle Crassulacee e sono presenti<br />
sulla Terra in ben millecinquecento specie <strong>di</strong>stribuite in trentacinque generi<br />
fra cui cinque vivono allo stato spontaneo sul nostro territorio, con<br />
un totale <strong>di</strong> cinquantacinque specie. Se pren<strong>di</strong>amo in esame tutti i continenti,<br />
ve<strong>di</strong>amo che i semprevivi non conoscono confini: spuntano ai margini<br />
delle zone desertiche dove la temperatura raggiunge livelli altissimi, appaiono<br />
nella fascia temperata a una certa altitu<strong>di</strong>ne e non <strong>di</strong>sdegnano neppure le<br />
basse latitu<strong>di</strong>ni, ovunque esista un luogo roccioso e decisamente asciutto. È proprio<br />
in base a quest’ultima caratteristica ambientale che fusti e foglie dei semprevivi<br />
presentano un’accentuata carnosità, funzionando da «riserva d’acqua»,<br />
captata quasi esclusivamente attraverso la caduta <strong>di</strong> rugiada e trattenuta all’interno<br />
dei tessuti vegetali grazie a uno stratagemma: la cuticola che ricopre la<br />
parte verde dei Sempervivum è del tutto priva degli stomi – paragonabili ai pori<br />
<strong>della</strong> nostra pelle – che nelle piante, nelle foglie normali consentono all’esemplare<br />
<strong>di</strong> «respirare», ossia <strong>di</strong> stabilire il giusto equilibrio fra la temperatura esterna<br />
e la quantità <strong>di</strong> liquido presente nelle cellule, secondo il ritmo <strong>di</strong> circolazione<br />
<strong>della</strong> linfa.<br />
Mancando gli stomi, l’evaporazione non avviene e la pianta non ha bisogno <strong>di</strong><br />
bere per cui riesce a convivere benissimo con un ambiente inospitale, impossibile<br />
per qualsiasi altra pianta. È proprio da questa eccezionale possibilità <strong>di</strong><br />
sopravvivenza che deriva il nome latino <strong>di</strong> queste minuscole Crassulacee, ossia<br />
Sempervivum, termine che nelle maggiori lingue europee suona così: joubarbe<br />
(barba <strong>di</strong> Giove) in francese; houseleek in inglese e Hauswurz in tedesco.<br />
Esistono poi vari nomi <strong>di</strong>alettali legati, quasi sempre, all’uso terapeutico dei<br />
semprevivi, le cui foglie contengono una buona percentuale <strong>di</strong> acido malico e<br />
perciò vengono usate nella me<strong>di</strong>cina popolare per curare <strong>di</strong>versi malanni. In<br />
modo particolare, sono tenuti in gran conto il Sempervivum tectorum e il Sempervivum<br />
montanum che vengono applicati a guisa <strong>di</strong> cataplasma per alleviare<br />
il bruciore delle scottature, lenire l’insopportabile prurito <strong>di</strong> alcune dermatosi<br />
e l’infiammazione provocata dalle punture degli insetti. Ultimo merito, e<br />
non poco importante, quello <strong>di</strong> agire positivamente contro geloni e calli.<br />
Abbiamo appena ricordato il Sempervivum tectorum o semprevivo dei tetti, per<br />
le sue proprietà curative, ma non bisogna <strong>di</strong>menticare che questa specie riveste<br />
un non trascurabile ruolo nel folclore e nelle tra<strong>di</strong>zioni alpine, in quanto si<br />
ritiene che la sua presenza, fra le tegole o le lastre <strong>di</strong> pietra che ricoprono case<br />
e baite, equivalga a una sicura protezione dal fulmine e dalla nefasta influenza<br />
degli spiriti folletti che abitano i boschi. Feste tra<strong>di</strong>zionali, canti e leggende <strong>di</strong><br />
montagna sono intessuti da queste antiche credenze ed è anche per questo che<br />
84 Sempervivum wulfenii