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L'elleboro, fiore della saggezza - Banca Popolare di Sondrio

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«Io sono <strong>di</strong>steso sull’erba<br />

tra i fiori selvatici dell’epilobio.<br />

Ora dove saranno le nuvole,<br />

su quali paesi?<br />

Forse su prati che non conosco».<br />

Kitahora Ha Kuschù<br />

L’epilobio, come una fiamma <strong>di</strong> seta<br />

È un genere <strong>di</strong> piante assai <strong>di</strong>ffuso sulle nostre montagne, in sei specie <strong>di</strong>verse:<br />

tutte appariscenti, con fiori molto belli che variano dal rosa al rosso e i cui<br />

petali sembrano ritagliati in una lievissima carta velina finemente crespata,<br />

oppure in un velo impalpabile intessuto d’argento.<br />

È impossibile non notare le macchie <strong>di</strong> epilobi che, non appena il terreno acquista<br />

un certo grado <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà, formano dense cortine che si alzano sopra il<br />

verde dell’erba proprio come una fiamma, come una frangia rosata che il vento<br />

agita e muove in un continuo alternarsi <strong>di</strong> forme, in una suggestiva sovrapposizione<br />

<strong>di</strong> colori. È impossibile non notare la grazia <strong>di</strong> queste piante, caratterizzate<br />

da un incessante an<strong>di</strong>rivieni <strong>di</strong> api, vespe, calabroni e farfalle attirati<br />

dalla ricchezza <strong>di</strong> nettare che si raccoglie nella profon<strong>di</strong>tà delle corolle degli<br />

Epilobium.<br />

Ed è stata proprio l’eccezionale presenza <strong>di</strong> insetti attorno a questi esemplari<br />

a determinare il ruolo storico degli epilobi nell’indagine scientifica <strong>della</strong> botanica<br />

moderna. Infatti, nel 1793 il naturalista tedesco Christian Conrad Sprengel<br />

osservando un gruppo <strong>di</strong> Epilobium ebbe l’intuizione che fossero proprio<br />

api, vespe e simili a compiere l’importante funzione <strong>di</strong> agenti impollinatori. Si<br />

trattava <strong>di</strong> una teoria rivoluzionaria, accolta con molto scetticismo dagli scienziati<br />

del tempo e che venne convalidata soltanto da Charles Darwin, un secolo<br />

dopo, ponendo le basi <strong>di</strong> una nuova visione del processo riproduttivo e<br />

dell’evoluzione del mondo vegetale. Il nome scientifico dell’Epilobium deriva<br />

dal greco epi, sopra, e lobós, siliqua, a in<strong>di</strong>care la struttura del frutto <strong>di</strong> queste<br />

piante erbacee perenni che nel gergo comune vengono in<strong>di</strong>cate in vario modo:<br />

erba <strong>di</strong> sant’Antonio, sfenice, behen rosa, gambi rossi, ramerino <strong>di</strong> monte, turgoncello,<br />

trigono, garofanino <strong>di</strong> montagna.<br />

In francese sono note come Epilobe, in inglese Willowherb e in tedesco Weidenröschen.<br />

La famiglia <strong>di</strong> appartenenza è quella delle Onogracee, ossia delle piante<br />

gra<strong>di</strong>te all’onagrus, che è quanto <strong>di</strong>re asino selvatico. A questi dati, <strong>di</strong> natura<br />

semantica, bisogna aggiungere che il genere Epilobium è composto da una<br />

sessantina <strong>di</strong> specie presenti lungo la fascia temperata dell’emisfero settentrionale<br />

e, in modo particolare, sulle montagne europee, sul Caucaso, in Giappone,<br />

nell’America del nord, sulle alture dell’Africa settentrionale. In Italia, sulle<br />

Alpi e lungo la dorsale appenninica, sono particolarmente <strong>di</strong>ffuse sei specie <strong>di</strong><br />

epilobi: Epilobium angustifolium, Epilobium dodonaei, Epilobium fleischeri, Epilobium<br />

montanum, Epilobium palustre ed Epilobium alpestre.<br />

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