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L'elleboro, fiore della saggezza - Banca Popolare di Sondrio

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Aconitum napellus; a destra, fioritura <strong>di</strong><br />

Aconitum napellus e lamarkii.<br />

sugli Appennini. Ritroviamo gli Aconitum in Corsica, sui Pirenei, nel Giura, sui<br />

Carpazi, in America e in Asia occidentale, per complessive sessanta specie e<br />

molte varietà, tutte con in<strong>fiore</strong>scenze <strong>di</strong> grande bellezza, ora con corolle blu,<br />

oppure azzurro vivo, giallo-limone, viola-porpora o con petali screziati; le foglie<br />

sono palmate e sud<strong>di</strong>vise in fini lacinie, in vari toni <strong>di</strong> verde. Le piante<br />

possono essere alte da trenta centimetri a un metro e sorgono quasi sempre in<br />

gruppo, realizzando intense macchie <strong>di</strong> colore, che cominciano ad apparire in<br />

giugno e persistono sino a settembre.<br />

A fare da contrappeso a tanta bellezza, nella parte più nascosta degli Aconitum,<br />

ossia nella ra<strong>di</strong>ce, si nasconde il veleno: una presenza ancora più insi<strong>di</strong>osa se<br />

si pensa che l’apparato ra<strong>di</strong>cale <strong>di</strong> queste specie è rappresentato da piccole<br />

rape o da tuberi che possono essere facilmente confusi con il raponzolo, i ramolacci<br />

o le rape commestibili.<br />

Le proprietà venefiche dell’aconito erano ben note sin dall’antichità quando la<br />

pianta veniva già coltivata non certo a scopo decorativo come si usa fare oggi,<br />

soprattutto per alcune varietà a fiori doppi o a corolle raccolte in in<strong>fiore</strong>scenze<br />

a grappolo, derivanti dall’Aconitum carmichaelii (sinonimo Aconitum fischeri)<br />

originario <strong>della</strong> Kamtschatka, in Asia. A titolo <strong>di</strong> curiosità, ricor<strong>di</strong>amo che le<br />

specie asiatiche e americane dell’aconito sono giunte in Europa nel XVIII secolo,<br />

ma non si sono spontaneizzate nel nostro territorio rimanendo <strong>di</strong> puro interesse<br />

orticolo, ossia decorativo.<br />

Sulle nostre montagne, quasi con aristocratico <strong>di</strong>stacco, continuano a fiorire,<br />

tra gli altri, l’Aconitum napellus, la specie più nota e <strong>di</strong>ffusa, dai fiori blu-porpora,<br />

raramente bianchi e l’Aconitum vulparia, detto anche strozzalupo, dalle<br />

in<strong>fiore</strong>scenze gialle, altrettanto velenoso degli altri aconiti, ma che stranamente<br />

non contiene aconitina, bensì alcaloi<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferente natura. Qualche esemplare<br />

<strong>di</strong> strozzalupo si trova anche sugli Appennini, sino in Calabria. L’assortimento<br />

degli aconiti europei e tipicamente alpini, comprendono l’Aconitum angustifolium,<br />

assai simile al napellus, ma con i fiori viola-blu; l’Aconitum anthora, dalle<br />

ra<strong>di</strong>ci particolarmente carnose che fiorisce soltanto in luglio, con in<strong>fiore</strong>scenze<br />

gialle o blu; l’Aconitum neomontanum, dalle spighe violette, formate da corolle<br />

molte gran<strong>di</strong>, del tutto simili alle fauci spalancate <strong>di</strong> un felino; l’Aconitum<br />

paniculatum dai fiori lilla, molto simile all’Aconitum variegatum che può dar vita<br />

a in<strong>fiore</strong>scenze viola oppure bianche, ma che nella varietà bicolor presenta<br />

petali striati <strong>di</strong> bianco e blu, davvero stupen<strong>di</strong>.<br />

Abbiamo detto che tutti gli aconiti sono velenosi e che le loro ra<strong>di</strong>ci a tubero<br />

sono ricche <strong>di</strong> un temibile alcaloide e perciò ci sembra giusto segnalare la specie<br />

che detiene il primato <strong>della</strong> tossicità: l’Aconitum ferox, proveniente dall’Asia,<br />

che per fortuna non cresce sulle nostre montagne, ma qualche volta viene utilizzato<br />

a scopo ornamentale per i bei fiori giallo-crema.<br />

Un genere affascinante quello <strong>di</strong> cui ci stiamo occupando, che riunisce bellezza<br />

e veleno secondo un modello <strong>di</strong> ambiguità che spesso, e la ragione rimane<br />

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