«Dopo vent’anni, oggi, nel salotto rivivo con profumo d’artemisia e mentastro e <strong>di</strong> cotogna tutto ciò che fu. Mi specchio ancora nello specchio rotto rivedo i finti frutti d’alabastro...». Guido Gozzano Artemisia, benefica e profumata Diciamo subito che pochi generi, al pari dell’Artemisia possono vantare altrettanta eterogeneità <strong>di</strong> specie, non per quanto si riferisce all’aspetto quanto per le sostanze presenti nei loro tessuti e per la conseguente attività terapeutica o altri particolari utilizzazioni. Prima <strong>di</strong> tutto, ricor<strong>di</strong>amo che Artemisia deriva dal nome <strong>della</strong> dea Artemide che, secondo la tra<strong>di</strong>zione greca, era chiamata ad accrescere le virtù delle piante me<strong>di</strong>cinali attive contro i <strong>di</strong>sturbi dell’organismo femminile. È indubbio che varie specie <strong>di</strong> artemisia venivano utilizzate anche in tempi remoti, come in Cina, per una cura assai curiosa e decisamente sofisticata, nota come kaobustione e che si rifà ai principi dell’agopuntura, con una <strong>di</strong>fferenza: invece <strong>di</strong> infilare sottili aghi in corrispondenza delle terminazioni nervose che influiscono su determinati organi, si preparano minuscoli coni <strong>di</strong> foglie pressate che poi vengono appoggiati sulle parti interessate e bruciati con un metodo particolare che, ovviamente, non lascia alcun segno sulla pelle. La kaobustione può essere utilizzata contro <strong>di</strong>versi malanni, un po’ come l’agopuntura, mentre per via orale l’Artemisia vulgaris (assenzio volgare, amarella, arcimesa), l’Artemisia absinthium (assenzio romano, ascenzi, incens), l’Artemisia maritima (assenziola, assenzio marino), sono efficaci contro l’epilessia, l’isterismo, i <strong>di</strong>sturbi mestruali, la febbre in genere, i parassiti; le tre specie, applicate in cataplasma e in impacchi, affrettano la guarigione delle piaghe e calmano il dolore provocato dalla puntura degli insetti. A proposito <strong>di</strong> insetti, davanti alle baite o alle stalle <strong>di</strong> montagna è frequente vedere dei cespi <strong>di</strong> Artemisia vulgaris che ha il potere <strong>di</strong> attirare gli insetti, specialmente le mosche, allontanandoli così dalla casa. Per completare questa succinta descrizione delle artemisie presenti sul nostro territorio, bisogna ricordare anche l’Artemisia glacialis o genepì, che i francesi chiamano genèpi noir, gli inglesi Genippi silky Wormwood e i tedeschi Schwarze Edelraute. Si tratta <strong>di</strong> una pianticella grigiastra, tomentosa, alta pochi centimetri e fortemente aromatica, le cui foglie hanno proprietà <strong>di</strong>gestive, neurotoniche e sudorifere. Ma non è tutto; infatti, l’Artemisia glacialis entra nella composizione <strong>di</strong> un noto liquore, il «genepì» appunto, e la richiesta del fogliame <strong>di</strong> questa pianta da parte delle industrie è stato così massiccio in passato da minacciare la sopravvivenza stessa <strong>di</strong> questa specie alpina, tanto è vero che oggi l’Artemisia glacialis è inclusa tra le specie protette data la sua rarità. Visto che abbiamo appena parlato <strong>di</strong> un liquore, è d’obbligo un preciso riferimento all’Artemisia absinthium che serve a preparare l’assenzio, dal sapore molto forte e sgra<strong>di</strong>to a molti, sicuramente pericoloso perché contiene un olio essenziale che a lungo andare provoca intossicazioni e un progressivo deca<strong>di</strong>mento fisico-psichico che può essere paragonato ai danni derivanti dall’uso <strong>di</strong> droga. L’assenzio, il cui nome significa «privo <strong>di</strong> dolcezza», è stato il simbolo <strong>di</strong> una certa società decadente del secolo scorso che faceva capo agli intellettuali francesi che si raccoglievano attorno ai cosiddetti poeti maledetti: Mallarmé, Baudelaire e Rimbaud. Oggi, la produzione <strong>di</strong> assenzio è proibita in molti Paesi d’Europa. A parte il deprecabile impiego appena descritto, l’Artemisia absinthium, come abbiamo già detto, è anche pianta dalle notevoli qualità terapeutiche che erano ben note alcune migliaia <strong>di</strong> anni or sono come documenta un papiro egizio risalente al 1650 a.C. Anche gli Arabi e i Celti avevano grande fiducia in questa specie, ricordata persino nelle Sacre scritture; il me<strong>di</strong>co e botanico tedesco Jakob Theodor Bergzabern (1520-1590) più noto con il nome umanistico <strong>di</strong> Tabernaemontanus, nella sua opera Eicones plantarum pubblicata nel 1590, raccomanda l’uso dell’Artemisia absinthium per «render liete le persone <strong>di</strong> brutto carattere». 158
L’Artemisia glacialis entra nella composizione del noto liquore «genepì». La raccolta massiccia fatta in passato per questo uso ha messo in pericolo la specie che ora è protetta. 159
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