N VOVO COMMENT Oét

âo non inrendmmo nella fortunadi quefto
fecolo quello che fia buono,ÔC quello che fia
cattiuo. Preghiarao adunqj in quefta ultima
domanda,che Iddio ci falui dal maie, non da
quello che noi fecondo la carnale noftra ra*
cione giudichiamo maie, ma quello che Id*
dio giudica ueramente maie. Et eflere falua*
to da quello,che è ueramente maie, che altra
cofaè che eflere trasferito alla uere falutes"
Per la quale cofa,quello che prega eflere libe
rato dal maie prega con pochiffime parole
ogni uera falute,ôc félicita.
Et difle à quegli. Chi di uoi hara uno amico,&
andra à lui nella mezza notte,& diragli
amico preftami tre pani,perche l'amico
mioèdiuiaggiouenutoàme,& non ho
cheporgli auanti,& quello dentro rifpon*
dendo dica.
Due cofe fono le quali quafi fanno defperare
gli oranti. Primieramente quando cofi penfa
no fra loro. Non dara quello da chi noi do*
mandiamo. Secondariamente quando da,an
chora dubito fe mi habbia à giouare,ÔC Chri*
fioqui Puna Se Paîtra di quefte cofe leua uia
cô la fua rifpofta,quafi dica. Quefte cofe non
fiharâno da temere in me,io non fono taie al
quale uoi non habbiate ardire di accoftarui
à domandare, ne tanto lontano dauoi, che
non polïïate,non abomino uoi,non fono af
faticato dalle preci uoftre.Ne anchora haue*
te da temere la féconda cofa, perche fe bene
uoi fiate tanto ftolti, che uoi domâdiate quai
*ehe cofa che ui fia per nuôcere, ionondime*
no fono tanto fapiente,ôc buono,cheio non
faro quella, ma un'altra à uoi utile in luogo
di quella. Et cofi appare che infino à qui noi
habbiamo imparato à orare da chrifto,ÔC che
noi hora impariamo da eflb à perfeuerare ne
Poratione,ôc non temere in efla,perche dop*
po che eflb infegnb la forma del pregare, ag
giugne hora laefortatione per la quale ci ftri
gne, che noi perfeueriamo fenza timoré, b
diffidentia nell'oratione. Et quefta è attiflîma
comparatione nella quale côuengono mol*
*e cofe al propofito, primieramente,il fore*
«iere che uiene dinotte à noi fignifica le ua*
rie affiittioni, che ci fogliono accadere, per*
Jhe anchora noi con uulgare modo di dire
foghamo chiamareforeftierilemalattie man
«ateci di nuouo,ÔC la notte per la ufitata aile
gona nella ferittura fignifica le afflittioni. Di
poi il mémo che dorme,fignificaiI fignore Id
?° n
. o f t r o
> » quale quando non efaudifee fu
t>ito le preci noftre fecondo il fenfo noftro
«parechedorma. Et noi che fiamoafflitti
oatnamo nella notte délie auuerfita, la porta
DI LVCA CAP, XI. 16s
del regno celefte al marfello délia oratione^
perche Poratione délia perfetta fede è il mac
tello,il fuono del quale pénétra le nugole.Et
domandiamo il pane, cioè Io aiuto diuino
nella afflittione,che adunque fi fa.^Il padre de
la famiglia dorme, non ode noi perche il fi*
gnore Iddio noftro lafeia certaméte, che noi
fpargiamo moite parole,ôC non rifponde, Et
fe il padre délia famiglia tace,tutta la famiglia
tace anchora, la quale fi compone à coftumi
del padre délia famiglia,perche fe Iddio ftrac
cura noi,pare che rutte le créature ci nieghi*
no lo aiuto con il padre délia famiglia infie*
me,finalmenteperla importunitaè defiato,
ôc che cofa rifponder'manifefta repulfa. ?
Non mi dar moleitia,la porta è gia chîufâ,
& i fanciugli miei fono meco nel letto, io
non poflb leuarmi,& dartegli.
Et quefta è qlla cofa, che fe bene fpeflb udia
mo il uerbo di Iddio, perilquale ci fi promet
te in tutte le cofe auuerfe lo aiuto di Iddio,
nondimeno clama la noftra confeientiache
giudica lepromiflionidi Iddio niente appar
tenere à noi,ma folamente à que fanti figliuo
li di Iddio,"che gia uiuono con Iddio in cie*
lo,ÔC non di quegli,che anchora fono ueflati
da uarie afflittioni,adunque accioche per q*
fto non fi cefli dalla oratione dice Chrifto.
Et fè quello perfèuerera picchiando. Io ui
dico, anchora fè leuatofi non gliene dara
per efler fuo amico, nondimeno per la importunita
fua fi Ieuera,& daragli quanti ne
ha dibifbgno.
Et cofi dimoftra, che fe la pertinacia del pic*
chiare puo cauare il beneficio dall'huomo
anchora côtro à fua uoglia, molto maggior
mente la perfeuerantia délia oratione puo
impetrare i beneficii del Signore Iddio noftro
ilquale uolontariamente da i beneficii,pron*
to à beneficare fempre come pio padre. Et fa
à quefto lo efemplo délia donna Chenehanea
appreflb di Mattheo Capiy.perche quefta,fe
bene non riceueua alcuna rifpôfta da Chrifto
al le preci fue,ôc dipoi hebbe manifefta repul
fa, nondimeno perche perfeuero v
nella ora*
tione udi finalmente,b donna grande è la fe*
detua,fiati fatto come tu uuoi, le quali cofe
ftando cofi,aggiugne Chrifto in quefto luogo
alla efortatione,ôc promiflione dicendo.
Et io ui dico. Domandate,& fàrauui dato,
cercate,et trouerrete,picchiate,et fieui aper
to,perche ciafeuno che domanda riceue,
&chi cercatruoua,età quello chepicchia
fia aperco.
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