N VOVO COMMENT Oét

ftELLÔ EVANGELIO
mai,percofli da eterna cecira,la quale feguite
rafubitoloeccidio,l'atrocitaôC crudelta del
quale neffunopotracomprendere con la co
gitationc.Et di qui f u quello che foggiunfe.
Coii auerra à quefia generarione peflima.
Intendendo di effi Iudei, in modo che non ad
altri fi pofla accômodare taie parabola, come
hanno uoluto alcuni efpofitori,piu andando
dietro aile allégorie che alla uerita délia lettc
ra,& introduttione délia ferittura.
Parlâdo anchora eflb aile turbe,ecco la ma,
dre fùa,& i frategli ftauono fuori cercando
di parlargli. Et uno certo gli difle. Ecco la
madre tua,& i tuoi frategli ftanno fuori cer
candori di parlare.Et effo rifpondendoi ql
lo,che gli haueua cofi detto, dilfe» Quale è
la madre mia,& quali fono i miei frategli f
Etdiftendendo la mano lua fopra i difee*
poli fuoi,diflë.
Et qui dette Chrifto uno egregio efemplo di
huomo di Iddio, 8C ueramente pio, auuegna
che conftituto nell'opra del padre folamente
conobhe quegli per proffimi, ÔC parenti i qua
li erano parenti fuoi dalla generatione délia
nuoua crearura creata,fecondo Iddio,perche
la rifpofta di Chrifto àquello che gli referiua
eflere la madre, ÔC i frategli fuoi, è come dica.
Quali ditu eflere la madre ÔC i frategli nveif" Io
fo che fi debbono amarela madre,ôc i frategli
ma infieme è daofleruarfi fopra tutte le cofe
Iddio,ÔC quefto comandamento bîfogna che^
mi fia di piu potere che la affettione di quai fi' ;
uogliaparente. Facendo adunque qui l'opéra
delpadre,io non debbo eflere reuoeato da>
qfta per la carita,b cura di aîcuno,Io fono fi*»
gliuolo di Iddio, ôc è çôueniente cheio mi di
moftri taie. Et per qfto qgli che mi fono con*'
giunti, come à figliuolo di Iddio, con diuina r
cognitione, come fono quegli cheodonoip
uerbo mio,ne debbo fare maggiore ftima, ôc
riconofcereppiupropinquijChe quegli che
mi apartengono fecondo la carne, ôc il fan*
gue.Et à maggiore dimoftratione faceua qllo
che diftefa la mano ne difcepoli fuoi diceua,
Ecco tamia madre, & i frategli miei, per*'
che qualunque fara la uolonta del mio pa-,
dre che è ne cieli, eflb è mio fratelo, forel*,
la, & madre.
Et è da notare che fare la uolonta del padre'?
il medefimo che udire il parlare di Chrifto,ÔC
fare qllo,cioè ftudiare da animo di fare qllo •
CAP» xm,
T in ql giorno ufcito Q Klu
di cafa, fèdeua preflb al
mare, & moite turbe fi con
gregorno à quello, in m 0.
do che entrato nella naue
fedeua,& tutta la turba ft a!
ua nel lito,& parlô loro moite cofe in para
bole,dicendo.Ecco egli ulci il feminatore
à feminare. Et mentre che femina, certi de
femi caddono preflb alla uia,& uénono gli
ucccegli del cieIo,etmangiorongli.Et altri
caddono ne luoghi petrofi,doue non haue
uano molta terra,& fubito nacquono,per.
che non haueuoho profondita di terra, &
leuato il Sole,fi abruciorno, & perche non
haueuono radice fi feccorno.Et altri caddo
no ne le fpine s& crebbono le fpine, & fuf,
focarongli.Ec altri caddono in buona ter.
ra,& dauano il frutto,chi céto,et chi feflân
ta,et chi trenta,chi ha orecchi da udir e oda,
Quelle cofe che Chrifto ne precedenti capito
li apertaméteinfegnb de precipui articuli, ho
ra le répète. Et è parabola certa collatione, d
fimilitudine,per la quale le cofe, b due perfo
nefi conferifeano Ira loro àfignificarealca?
na certa cofa, che noi uogliamo dimoftrare,
come il uerbo di ; Iddio è fimile àuno grano
di Sinape ôcc, Adûque il uerbo di Iddio in fpe
cie è difprezzato,nôdimeno è uirtu, ÔC poten
tia di Iddio alla falute à ciafeuno che fa il nido
in quello.Et cofi fono in quefto capitolo alcu
ne parabole,p le quali fi dichiara la natura ,1a
forza,il frutto,ôc il prezzo del uerbo di Iddio.
Et la occafione di quefta prima parabola pare
crie fufle efla troppa frequentia di huomini
che concorreuano per tutto, Volfe adunque
con quefta parabola fignificare non eflere lo
fo abaftanza hauere udito il uerbo, ôc che tut
ti quegli,che lo odano, non ne uengono per
cio migliori.E parlaua aile turbe in parabole,
accioche indubîtatamente gli rendefli piu at*
tenti,ôc piu curiofi di quelle cofe che fi diceua
ho, accioche nel fuo tempo fuflino infegnate
tutte le cofe piu certamente à quegli,che le in
ueftigauanOjOnde aggiunfe quello che erafo
litd di aggiugnere,quâdo uoleua eccitare l'a
ftimo àconfiderareifuoiparlari,cioè. Chi ha
orecchi da udire oda,perche quello che dice
ua à, difcepoli domandanti la dichiaratione
délia parabola,perche à uoi è dato conofeere
i mifterii del regno de cieli,infino à doue dice.
Ma beati fono i uoftri otchi,folaméte difle de
reprobi,che nô hannô alcuni orecchi da udi*
re,ài quali bifogna certamente predicare U
uerita per conuincere la impieta loro, ôc eh*
• fifappia,