N VOVO COMMENT Oét

« " -NËLLÔ EVANGELIO
'ri di ôïioit difîe à quelïo,piglia la tua fcwc ' gnore loro 86 noftro.L'altra che |a figIiUoj( ta,& fîedi tofto, & fcriui cinquanta.Dipoi li di quefto fecolo,nclla loro conditioner
difTe à ralrro. Et tu quat» to fei debitore, il pariamo piu prudentia che da figliuoli della quale difïe cento cori di grano. DifTegli,pi luce,perche quegli p.u prudentemente,ôc c ô
gïa la tuaécrira & fcriui ottanta. Et Êudd maggiore cura auuertifcano 1, l o r o u,ta cQr I fimcSSSnfiere de la iniquita, che Porale,che i figliuoli della luce la loro dell0 n ngnore n aiiptmiei c uc M M » fpirito.Anchora impariarno a prepararci am;
prudentemente haueua fatto,pche i figuuo ft d a l k f a c u I t a décida Iddio, iqualr p S
Ji di quefto fecolo, fono piu prudeno che i d j ^ d j^ m i n Q n e gli eterni taberS figliuoli de la luce ne la fua generatione. * c o l J j & q u e f t o f a r a g r a t o a I S i g n o r e n o f t r J
Per quefta parabola infegna Chrifto Tufo del à noi non folamente utile, ma, ôc honefto^
le cofe efteriori in che modo noi pigliamo fenza fraude,ÔC non come il fattore iniqno 8e
milita da effe ilche anchora fia quando noi di fraudolento di quefto difpenfarore. Et accio
ftribuireno quelle largamente a 1
bifognofi. Et che maggiormente prouoeaffe à difpenfare
anchora infegna quefta parabola, in che mo benignamente i prefentï beni foggiUnfe,ncTh
do fi debbino intendere le parabole propo* potere uenire loro il theforo dello euangelfo
fteperChriftOjCioècheparticuIarmentenon fe non erano fedeli difpenfatorl di qùellefab
fi debbino feguitare,nein tutte le parti ricer culta,perche chiama la cognitione dello euâ
carela fimilitudine propria, altrimenti ci fa gelio noftro uero bene .•
rebbe infegnato per qfta parabola mentire ÔC S e a d u n q u e n ej ] e i n i q u e ricchezze n 0 n f •
Jraudare,ilchefece qfto difpenfiere ,ilquale il ^ f e d e l i q u e ] l o c h e è u e r o c h i u i c r e d e r r a,
fignore cipropofeaimitare.Comeaducg da £ f e n e l l> a k m i c o f a n o n & f f i fcdeîLquello A s
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bola ueggiamochç folametehdeDDeriguar ^ l ^ S ^
dare la fôma, cofi anchora nelle altre nô dob
„ cheèuoflrochi ui dargV Nefïuno femo
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a due fignon. Perche o uno n;
biamo eflere piu curiofi dî quello che fi ri* ta» m odio & 1 altro amera, o a uno fi 3 C
chiede. Et abaftanza è manifefto quefto difpé codera,* dell altro non fi curera. Voi non
fatore efferci propofto a\emulare folamente, potete feruire a Dio,& aile ricchezze. ^
accioche come effo ufd i beni del fignore fuo Et quefto dice,perche fallaci fono le ricchez
nel fuo commodo, cofi anchora noi ufîamo z e d el mondo,perche non poflanô fare quel
quella faculta che Iddio, ÔC il Signore noftro \ 0 c n e j e pr0mettono,cioè renderçi rïccbi,8c
ci dette in noftra utilita,cioè che come quel* beati,ne fazi anchora. Perche non poffedia*
îo fi prepard de beni del Signore fuo amici, m o qUClfc conpiena, ôc pfetta ragione,auu'e
che lo foffenta(îino,leuato dal fuo uficio,cofi g n a c n e j n poco momento,ô effe fono rapi*
anchora noi benefichiamo abondeuolmen* I e darnoi, o x
noi da effe, ma lo euangelio co*
te i poueri délie faculta riceuute da Iddio,per n ofri u t Q uno tratto ôc prefo,non mai è tolto
caufa de quali il Signoredipoi ci riceua negii j n çterno,ôc del tutto ci rende beati, perche è
eterm tabernacufi come foggiugne. u i t a e t e r n a h a u e r e rettamente conofciuto Id
Et io ui dico fateui amici da le ricchezze dio.Adunque uôlfe ammunire dîqui, che fe
de la iniquita, accioche quando uoi man.
n o i f a r e
no dediti aile ricchezze, ôç non fede*
cherete,ui riceuino ne gli eterni tabernaco M.difpenfatori di quelle, non habbiamo à pi*
îî, quello che è fedele nella minima cofa,et S lla
, re l o
euangelio,perche quefto non fi puo
nella grande è fedele. Et quello che nella ^ h e f e n o n d a
^ q ue li e h e
8 renuntiorno a
minimacûfaèingiufto,& nellaçrande è {""^ecofechepoffeggono.Adunque quel
àhgiufto. loche non e fedele nelle inique ricchezze co
1°. ' ..... . „ . , la difpenfatione à poueri. quefto certamentç
Aggiugne qui d. miquita,alle ricchezze che n o n r e n u n t i p> a l l e ricchezze. Adunque que*
çhmma Mamone,uoce Calaea, perche fono A o c a u e r 0 & p r i o b e n c d e i r bJ o mo lo
accompagnate da iniquita 8e ingmftitia, ne euangelio, « da quefto la buo«a cognitio*
maifipoffanocongregareingranquantita ne di Iddio
fenza iniquita. Quefte due cofe adunque fo*
no da ofleruarli nella prefente parabola, pri
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anchora i pna
ma noi effere folamente difpenfatori de beni r
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e erauo auari,& fcherniuanlo.
4i quefta uita,ôe che beniffimo ne habbiamo In quefti Pharifei fi adombra manifeftamente
a rendere conteun modo che niente p i u fol la natura de gli hypocritfôc de gli auari,per#
lecitamente dobbiamo curare quanto che che beffando Chrifto che infegna,neffuno
nojdifpenfîamo gueghalla » 0loma delSi> potere feruire à lddio,ôf aile ric?hezze,mani
feftamente