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MARIO GANDINI RAFFAELE PETTAZZONI NEGLI ANNI 1937 ...

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Pettazzoni 6-11-2007 8:57 Pagina 156<br />

avrà ancora contatti con Pettazzoni; dopo l’8 settembre 1943 si farà propugnatore di una “sanguinosa<br />

riscossa” del fascismo; sarà fucilato dai partigiani nell’aprile 1945 ( 44 ).<br />

Nella seconda metà di marzo Pettazzoni riceve la visita del m.o Adolfo Gandino, visita<br />

preannunciata da una lettera di don Antonio Bottoni in data 16 marzo; il compositore è figlio<br />

del latinista Gian Battista, del quale nei primi anni del secolo il nostro storico delle religioni<br />

ha seguito le lezioni nell’Università di Bologna ( 45 ).<br />

Con lettera del 20 aprile Hendrik Wagenvoort restituisce a Pettazzoni le bozze del suo<br />

Orcus per il primo fascicolo 1938 degli SMSR; manda anche due estratti rammaricandosi di<br />

non poter aggiungere copia della sua dissertazione Vergils vierte Ekloge und das sidus<br />

Julium; scrive infine: “Anch’io mi ricordo con gioia del nostro incontro a Roma”. Non sappiamo<br />

se l’incontro è avvenuto alla fine del <strong>1937</strong> o nei primi mesi del 1938.<br />

Dal “Lei” al “Voi” (primi mesi del 1938)<br />

“Autarchia” (= autosufficienza) è una voce dotta introdotta nella lingua italiana<br />

nell’Ottocento, ma diventata di uso comune nella seconda metà degli anni Trenta del<br />

Novecento, quando, a seguito delle sanzioni economiche inflitte all’Italia dalla Società delle<br />

Nazioni, il regime fascista deve affrontare il problema dell’autarchia economica (esso viene<br />

impostato nei suoi termini generali da Mussolini con il discorso del 23 marzo 1936 alla<br />

seconda assemblea nazionale delle corporazioni); nella seconda metà degli anni Trenta vengono<br />

intensificate le campagne anche per l’autarchia culturale a cominciare dall’autarchia<br />

linguistica: per furore xenofobo si debbono applicare le “controsanzioni linguistiche” eliminando<br />

dal nostro vocabolario le parole straniere; E. Silvestri Viola, La grafia dei nomi stranieri,<br />

Il Resto del Carlino, 12 maggio 1938, propone addirittura che l’Accademia d’Italia si<br />

impegni per la revisione dei nomi propri di persona e geografici stranieri, per l’adozione di<br />

una grafia italiana al posto delle grafie inglese, francese, tedesca ecc. (qualcuno suggerisce<br />

“Ciamberlino” per Chamberlain, “Buonaria” per Buenos Aires, “Vosintone” per<br />

Washington…).<br />

Nei primi mesi del 1938 ha inizio la campagna per l’abolizione del Lei, considerato un<br />

uso straniero introdotto in Italia durante il predominio spagnolo; si deve tornare all’“italianissimo<br />

Voi”: Bruno Cicognani, Abolizione del ‘lei’, Corriere della sera, 15 gennaio 1938,<br />

invita a tornare all’uso di Roma, al ‘tu’ espressione dell’universale romano e cristiano, e al<br />

‘voi’ segno di rispetto e riconoscimento di gerarchia; segue il segretario del PNF, Achille<br />

Starace, zelante persecutore delle manifestazioni di borghesismo nella vita sociale italiana:<br />

nel Foglio di disposizioni n. 983 (14 febbraio 1938) egli impartisce apposita direttiva agli<br />

iscritti alla G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio) e poi la estende a tutti gli iscritti al PNF;<br />

intervengono successivamente i vari ministeri, per esempio quello dell’educazione nazionale<br />

con circolari del 23 febbraio e dell’8 marzo 1938:<br />

In relazione alle norme impartite da S.E. il Segretario del Partito, dispongo che nella corrispondenza ufficiale<br />

ed ufficiosa il “Lei” venga sostituito dal “Voi”.<br />

Analogamente dovrà provvedersi nei rapporti tra funzionari, tra insegnanti e tra docenti e discepoli, nei quali<br />

sino ad oggi era usato il “Lei”.<br />

La disposizione viene ribadita più volte con circolari successive, nelle quali, tra l’altro, si<br />

lamenta che troppo frequentemente si continua a far uso del Lei dimostrando “scarso senso<br />

di disciplina e mancanza di carattere”; l’abolizione del Lei incontra resistenze (Benedetto<br />

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