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MARIO GANDINI RAFFAELE PETTAZZONI NEGLI ANNI 1937 ...

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Pettazzoni 6-11-2007 8:57 Pagina 72<br />

Questo sacerdozio che si ottiene uccidendo e si perde restando uccisi ha un sapore arcaico e barbarico<br />

che non s’accorda col carattere della civiltà romana. Esso è etnologicamente più antico non solo<br />

della romanità imperiale, ma della romanità in genere. Più antico di Roma. Nella civiltà romana non ha<br />

riscontri: è una sopravvivenza di altri tempi. È un unicum.<br />

Invece istituti e usanze analoghe abbondano fuori della romanità, molto lontano dalla romanità,<br />

presso popoli barbari e incolti, in Africa, in America, in Oceania.<br />

Il Frazer le ha raccolte, queste analogie, e ha scritto, in dodici volumi, la più classica delle sue<br />

opere, il Ramo d’oro. Nelle società esotiche e barbariche l’uccisione del re-sacerdote è un elemento<br />

organico della civiltà ambiente, del clima culturale, del paesaggio - se così può dirsi - culturale. Ma il<br />

rex nemorensis non appartiene organicamente alla civiltà romana in cui si trova, per così dire, incapsulato:<br />

è una sopravvivenza di altri tempi. Di quali? Ci fu dunque un tempo in cui fu viva nel Lazio una<br />

civiltà corrispondente a quella dei Bantu o dei Maori? E come si spiega, allora, geneticamente, questa<br />

corrispondenza?<br />

Il problema si presenta e ripresenta di continuo nell’etnologia. È il problema delle ‘corrispondenze<br />

etnografiche’, dei ‘paralleli e riscontri’, ecc. È il punto in cui si dividono le strade dell’etnologia,<br />

l’una porta alla teoria del ‘pensiero elementare’, della ‘convergenza’ e simili, 1’altra alla teoria del diffusionismo<br />

e del superdiffusionismo.<br />

Questo è, anche, il punto in cui l’etnologia evoluzionistica cede alla etnologia più propriamente storica.<br />

La civiltà, cioè la vita umana, nel Lazio è antichissima. Risale al primo paleolitico. Di quella primissima<br />

umanità oggi estinta, che visse sul suolo di Rorna migliaia e migliaia d’anni prima di Roma,<br />

abbiamo oggi, secondo ogni probabilità, una reliquia preziosa in un cranio rinvenuto nel 1929 in riva<br />

all’Aniene. Vengono, poi, le civiltà pre-istoriche più recenti. L’istituto del rex nemorensis è, secondo<br />

ogni verosimiglianza, di origini preistoriche. Ma l’etnologia ormai non si contenta più di distinguere la<br />

presenza di elementi preistorici in seno a una data civiltà storica: essa sempre più ambisce di passare<br />

da questa che potrebbe chiamarsi determinazione dell’antichità etnologica relativa di un dato elemento<br />

culturale alla determinazione della sua antichità etnologica assoluta (beninteso non in termini di cronologia<br />

assoluta). Nel caso specifico si tratta di stabilire a quale precisamente delle successive civiltà<br />

preistoriche laziali l’istituto del rex nemorensis dev’essere assegnato. Per far questo l’etnologia ha bisogno<br />

di dati oggettivi. La fase attuale dell’etnologia è caratterizzata appunto dalla ricerca e dall’impiego<br />

di dati oggettivi.<br />

Sotto questo rispetto, le civiltà preistoriche, quelle che sono di dominio proprio della paletnologia,<br />

si trovano in una situazione relativamente più favorevole. In seguito alle scoperte del Boucher des<br />

Perthes e alla loro verifica per opera del Lyell restò fissata la successione delle civiltà - o età - preistoriche<br />

nell’ordine ben noto: civiltà della pietra scheggiata, della pietra levigata, del bronzo, del ferro. Le<br />

scoperte e gli studi successivi hanno suggerito qualche modificazione a questa sequenza classica. Si è<br />

visto che la civiltà del bronzo è stata preceduta dalla civiltà del rame (eneolitico). Si è imparato a distinguere<br />

nella prima civiltà della pietra (paleolitico) il paleolitico superiore e l’inferiore. Si è congetturata<br />

l’esistenza probabile di una civiltà ancora più antica della prima civiltà della pietra: una civiltà del<br />

legno. Ma questi sono semplicemente dei ritocchi: la sequenza delle età preistoriche è ormai acquisita<br />

definitivamente all’etnologia. Perché definitivamente? Perché non è uno dei tanti schemi o sistemi soggettivi<br />

e arbitrari, variabili a volontà di chi li costruisce. Questa è una costruzione ottenuta con dati<br />

oggettivi, i dati forniti dalla stratigrafia.<br />

Se non che, le civiltà preistoriche ci sono note soltanto in modo assai imperfetto; la conoscenza che<br />

ne abbiamo è necessariamente limitata al solo aspetto materiale della vita, agli strumenti e arnesi d’uso,<br />

e anche questo quadro, prettamente ergologico, è necessariamente parziale, perché vi manca tutta la<br />

suppellettile fatta di materie caduche. Gli altri aspetti della vita, i più interessanti, le forme della vita<br />

economica, sociale, religiosa, ecc. noi li ignoriamo, e solo ci è consentita qualche congettura indiretta.<br />

Le civiltà primitive attuali, invece, noi le conosciamo - più o meno - in tutti i loro diversi aspetti.<br />

Non solo possiamo studiare, nei musei, la loro vita materiale, ma siamo informati, dagli esploratori, dei<br />

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