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Apocalisse, il giorno dopo - Baskerville

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D ANELE P UGLIESE, APOCALISSE, IL GIORNO DOPO<br />

nutrito per le immagini della decomposizione fisica; <strong>il</strong><br />

ritorno all’epigrafia funeraria e a un principio di<br />

personalizzazione delle sepolture».<br />

L’immagine tratta dall’<strong>Apocalisse</strong> che si può vedere sul<br />

sarcofago del vescovo Ag<strong>il</strong>bert, sepolto a Jouarre nel 680,<br />

corrisponde all’escatologia comune dei primi secoli del cristianesimo: i<br />

morti che appartenevano alla Chiesa e le avevano affidato i loro corpi<br />

(cioè li avevano affidati ai santi) si addormentavano come i sette<br />

dormienti di Efeso (pausantes, in sommo pacis) e riposavano (requiescant) fino<br />

al <strong>giorno</strong> del secondo avvento, del grande ritorno, in cui si sarebbero<br />

risvegliati nella Gerusalemme celeste, cioè in Paradiso. Non v’è posto, in<br />

questa concezione, per una responsab<strong>il</strong>ità individuale, per un b<strong>il</strong>ancio<br />

delle buone e delle cattive azioni. Senza dubbio i malvagi, quelli che non<br />

appartenevano alla Chiesa, non sarebbero sopravvissuti alla morte, non<br />

si sarebbero risvegliati e sarebbero stati abbandonati al non-essere. A<br />

tutto un popolo quasi biologico, <strong>il</strong> popolo dei santi, era così assicurata la<br />

sopravvivenza gloriosa, <strong>dopo</strong> una lunga attesa nel sonno.<br />

Scene come questa cambiano nel XII secolo, ci si ispira<br />

ancora all’<strong>Apocalisse</strong>, ma la resurrezione dei morti e <strong>il</strong><br />

giudizio che separa i giusti dai dannati, ispirati a Matteo,<br />

fanno la loro comparsa fino a cancellare quasi<br />

completamente, nel secolo successivo, «l’ispirazione<br />

apocalittica, l’evocazione del grande ritorno».<br />

Assume una sempre maggiore importanza <strong>il</strong> Cristogiudice<br />

che, affiancato “a latere” dalla Vergine e da San<br />

Giovanni, nel magnifico clangore del Dies irae, pesa le<br />

anime e giudica ogni uomo secondo <strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio della sua<br />

vita.<br />

Il momento in cui questo b<strong>il</strong>ancio – o «b<strong>il</strong>ancia» – si<br />

chiude, scrive Ariés<br />

non è <strong>il</strong> momento della morte, ma la dies <strong>il</strong>la, l’ultimo <strong>giorno</strong> del mondo<br />

alla fine dei tempi. Qui si nota <strong>il</strong> rifiuto inveterato di assim<strong>il</strong>are la fine<br />

dell’essere alla dissoluzione fisica. Si credeva in un al di là della morte<br />

che non giungeva necessariamente fino all’eternità infinita, ma che<br />

costituiva un prolungamento fra la morte e la fine dei tempi.<br />

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