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Apocalisse, il giorno dopo - Baskerville

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D ANELE P UGLIESE, APOCALISSE, IL GIORNO DOPO<br />

esserci nel mondo; quando invece <strong>il</strong> dinamismo è di senso opposto, e gli<br />

orizzonti culturali si disarticolano e crollano recedendo verso <strong>il</strong> vissuto<br />

privato e incomunicab<strong>il</strong>e di un “finire” senza ripresa efficace, allora<br />

siamo nella sfera psicopatologica individuale. Nel primo caso <strong>il</strong> giudizio<br />

spetta soprattutto allo storico della cultura, nel secondo essenzialmente<br />

allo psichiatra: ma per la organica connessione che sussiste tra la fine del<br />

mondo come rischio e la fine del mondo come riscatto, lo storico non<br />

può fare a meno delle indicazioni dello psichiatra, e lo psichiatra non<br />

può sottrarsi – proprio nella sua pratica professionale di diagnosticatore<br />

di morbi psichici – all’impegno di un giudizio storiografico, che<br />

restituisca l’episodio morboso alla singola biografia del malato e la<br />

biografia del malato alla concretezza di un certo contesto storicoculturale.<br />

È alla luce di queste considerazione che possiamo<br />

analizzare meglio i brani che abbiamo incontrato tratti dai<br />

romanzi di Fukunaga Takehiko o Guido Morselli, di<br />

Dostoevskij o di Sartre, di Schnitzler o di Joseph Conrad; e<br />

così mettere in relazione la fine del mondo e la dissipazione<br />

o <strong>il</strong> dissolvimento del genere umano con <strong>il</strong> malessere<br />

individuale, i foschi presagi di comete che passano non in<br />

cielo ma nel proprio animo, le terrifiche scosse di terremoti<br />

che percorrono <strong>il</strong> cuore, non la terra.<br />

Ma così, accanto al romanzo, possiamo prendere in<br />

considerazione i testi religiosi della tradizione cristiana<br />

dove più marcato è stato questo scenario escatologico, o le<br />

ricerche sul campo eseguite dagli etnologi, o quei testi del<br />

marxismo più messianico nel quale si intravede questa<br />

permanenza di dannazione e salvezza, o ancora la<br />

produzione f<strong>il</strong>osofica sconcertata dinanzi ai grandi<br />

cambiamenti del mondo.<br />

Ernesto De Martino ci aiuta a comprendere che<br />

appunto <strong>il</strong> timore di sparizione totale del mondo può<br />

annidarsi anche in manifestazioni dove prevale solo lo<br />

sconcerto, la desolazione, <strong>il</strong> malessere, lo spaesamento, la<br />

critica radicale dello stato presente di cose; ci aiuta a<br />

comprendere che una soglia sott<strong>il</strong>e separa queste<br />

percezioni dal delirio e, anche laddove le prime travalicano<br />

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