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Apocalisse, il giorno dopo - Baskerville

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D ANELE P UGLIESE, APOCALISSE, IL GIORNO DOPO<br />

incompleto, quasi deforme; l’emozione alla quale noi<br />

diamo questo nome è infatti un elemento insostituib<strong>il</strong>e e<br />

permanente della nostra vita»; d’altro canto «<strong>il</strong> coraggio<br />

altro non è se non la vittoria sulla paura; e chiunque di noi<br />

riesce a ottenere questa vittoria almeno una volta nella<br />

vita». Madre paura è insomma un invito a convivere con<br />

essa, senza lasciarsi paralizzare.<br />

Ma quel che qui ci interessa è <strong>il</strong> sentimento che si prova<br />

o si può provare dinanzi alla possib<strong>il</strong>ità di non esserci più.<br />

Abbiamo visto nel capitolo precedente che, secondo<br />

Ph<strong>il</strong>ippe Ariès – lo cita la stessa Rosellina Balbi, la quale<br />

pare accreditare tale giudizio –, per molto tempo gli<br />

uomini «non hanno mai avuto veramente paura della<br />

morte. Certo la temevano, provavano di fronte ad essa una<br />

qualche angoscia, e lo dicevano tranqu<strong>il</strong>lamente. Ma<br />

quest’angoscia non oltrepassava mai la soglia<br />

dell’inesprimib<strong>il</strong>e» 184.<br />

Eppure, ammettendo anche che morisse più<br />

serenamente, è diffic<strong>il</strong>e pensare che dinanzi al terremoto,<br />

all’incendio, alla malattia incurab<strong>il</strong>e, alla condanna al<br />

patibolo o appunto al nemico in arme, all’animale feroce,<br />

all’eruzione d’un vulcano, l’uomo, fin dall’antichità non<br />

abbia provato paura e, appunto, paura di non esserci più,<br />

di morire.<br />

Il dono dell’immaginazione e, più che la capacità,<br />

l’inclinazione a prevedere <strong>il</strong> futuro, o almeno a proiettarsi<br />

in esso, la quale distingue l’uomo dall’animale,<br />

presumib<strong>il</strong>mente lo hanno sempre esposto all’angoscia oltre<br />

che alla paura: a una reazione emotiva, cioè, “priva di<br />

oggetto” e riferita a una minaccia immaginaria, oltre che a<br />

quella dinanzi al pericolo reale.<br />

Rosellina Balbi ci invita a immaginare l’«universo<br />

terrificante» nel quale abitavano gli uomini primitivi –<br />

freddo, uragani, tuoni, fulmini, onde furiose, fiumi<br />

184 PHILIPPE ARIÉS, Storia della morte in Occidente, cit.<br />

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