Apocalisse, il giorno dopo - Baskerville
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D ANELE P UGLIESE, APOCALISSE, IL GIORNO DOPO<br />
Prosegue De Martino:<br />
Non si tratta di “spiegare <strong>il</strong> sano con <strong>il</strong> malato”: un tentativo del genere<br />
sarebbe già malattia. Si tratta piuttosto di comprendere <strong>il</strong> sano nella sua<br />
concretezza, cioè nel suo farsi sano oltre <strong>il</strong> rischio dell’ammalarsi: in<br />
questa prospettiva acquista un valore euristico notevole la ut<strong>il</strong>izzazione<br />
dei vissuti psicopatologici, che mettono a nudo <strong>il</strong> momento del rischio<br />
con evidenza particolare, in quanto nell’ammalarsi psichico [...?] ciò che<br />
nel sano sta come rischio di continuo oltrepassato si tramuta in un<br />
accadere psichico caratterizzato dal non poter oltrepassare tale rischio, e<br />
da infruttuosi conati di difesa e di reintegrazione. Tanto più i vissuti<br />
psicopatologici acquistano valore euristico in quanto quel concreto<br />
dinamico farsi sempre di nuovo sano che caratterizza la sanità costituisce<br />
<strong>il</strong> momento più coperto per la coscienza culturale immediatamente<br />
impegnata nel suo farsi sana: con la conseguenza di fingersi una sanità<br />
astratta e di lasciar da parte una altrettanto astratta malattia, che<br />
interesserebbe unicamente i pazzi e i loro medici specializzati, gli<br />
psichiatri. Doppia menzogna, che introduce nella antropologia una serie<br />
di equivoci, di deformazioni e di interpretazioni errate: senza contare<br />
che tutta una serie di prodotti culturali nei quali <strong>il</strong> farsi sano appare<br />
particolarmente in rapporto col rischio di ammalarsi vengono o<br />
leggermente ridotti a manifestazioni morbose, o pericolosamente<br />
sottratti alla presa di coscienza dei momenti morbosi e di quelli sani che<br />
combattono con vario esito in essi. Così un tempo si tendeva a valutare<br />
gli stati mistici, le possessioni, certi aspetti della magia, in una prospettiva<br />
essenzialmente patologica [...?] E d’altra parte in tutto un f<strong>il</strong>one, che<br />
sembra ingrossarsi sempre più, della vita culturale e del costume del<br />
mondo contemporaneo – la politica, la letteratura, le arti figurative, <strong>il</strong><br />
teatro, la f<strong>il</strong>osofia – i momenti morbosi non sono consaputi chiaramente<br />
come tali, mancando qualsiasi criterio per l’analisi, onde molto di<br />
morboso passa per sano e molto di sano per morboso.<br />
E ancora, per ribadire in pieno <strong>il</strong> pensiero di De<br />
Martino:<br />
La fine del mondo si definisce appartenente alla fisiologia di una data<br />
vita culturale o alla psicopatologia di una data biografia individuale per<br />
<strong>il</strong> senso del dinamismo in cui è inserita: siamo nella fisiologia della vita<br />
culturale quando la “fine del mondo” denota un orizzonte mitico-rituale<br />
per entro <strong>il</strong> quale <strong>il</strong> rischio del vissuto privato e incomunicab<strong>il</strong>e, di un<br />
mondo che finisce, viene ripreso e reintegrato secondo valori<br />
intersoggettivi e comunicab<strong>il</strong>i, mediante un margine operativo per<br />
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