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Apocalisse, il giorno dopo - Baskerville

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D ANELE P UGLIESE, APOCALISSE, IL GIORNO DOPO<br />

significato originario di «scostamento di un velo», quanto<br />

in quello, di derivazione giovannea, di «sanguinosa<br />

anticipazione della fine».<br />

Neanche le amare sconfitte dei m<strong>il</strong>lenaristi, le brucianti<br />

delusioni a cui sono stati sottoposti nel corso di un intero<br />

m<strong>il</strong>lennio, le reiterate smentite che hanno dovuto registrare<br />

per ognuna delle loro fosche profezie, né l’evidenza che<br />

«ogni fine di secolo è stata una commedia: l’abbiamo<br />

sempre scampata», hanno fatto desistere i profeti e <strong>il</strong> loro<br />

vasto uditorio: «Le profezie inattuate [...] tendono ad<br />

accumularsi in vista delle successive fini di secolo».<br />

È <strong>il</strong> presupposto che è sbagliato, ci aiuta a capire<br />

Schwartz senza nulla togliere al fatto che tuttavia esso<br />

abbia attecchito. Il panico delle popolazioni europee alla<br />

vig<strong>il</strong>ia dell’anno M<strong>il</strong>le e <strong>il</strong> complesso di funesti presagi che<br />

accompagnano la leggenda costruita su quei 365 giorni,<br />

non ci furono proprio.<br />

«Tanto scontate sono le conclusioni delle fini dei secoli<br />

che, quando sono passate, vi guardiamo con tristezza e<br />

sollievo: tristezza per i momenti non colti, come pure per i<br />

sogni cui ci siamo per un attimo abbandonati; sollievo<br />

perché le apocalissi (i disastri e le rivelazioni) erano, se ce<br />

n’erano, irr<strong>il</strong>evanti e controllab<strong>il</strong>i. Poi, generazione <strong>dopo</strong><br />

generazione, ci imbattiamo nella fine di un altro secolo, e la<br />

potenza dei numeri che incombono sull’orizzonte è tale da<br />

far sembrare che non abbiamo imparato nulla dall’ultima<br />

fin de siècle, se non a d<strong>il</strong>ungarci sul cav<strong>il</strong>loso problema di<br />

quando, esattamente, i cento anni saranno trascorsi».<br />

È insomma inevitab<strong>il</strong>e che l’esperienza della fin de siècle –<br />

addensata più che in ogni altro, nel decennio a ridosso del<br />

cambio dei cent’anni –, sia intensa. Lo è stata per uomini e<br />

donne di ogni dove, di qualunque religione,<br />

indipendentemente dalla loro classe, dal loro sesso e dalla<br />

loro fede. I secoli, dunque, le loro fini e i loro nuovi inizi,<br />

sono diventati, sostiene Schwartz, «così importanti per la<br />

concezione occidentale dello scorrere del tempo» e certe<br />

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