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Apocalisse, il giorno dopo - Baskerville

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D ANELE P UGLIESE, APOCALISSE, IL GIORNO DOPO<br />

Paul T<strong>il</strong>lich, <strong>il</strong> quale sostiene che l’esasperazione delle<br />

differenze fra l’una e l’altra finisce per snaturarle entrambe.<br />

Già da queste righe di Verra è possib<strong>il</strong>e comprendere<br />

perché dalla delusione per gli insuccessi delle utopie nel XX<br />

secolo siano sorte tanti presagi catastrofici:<br />

L’utopia infatti è indispensab<strong>il</strong>e per intendere tanto <strong>il</strong> principio quanto <strong>il</strong><br />

fine della storia, poiché esprime l’essenza e <strong>il</strong> telos dell’uomo e ne anticipa<br />

le possib<strong>il</strong>ità non ancora realizzate, come dimostrano le grandi utopie,<br />

da quella ebraica a quella marxista. Tuttavia <strong>il</strong> rischio dell’utopia è<br />

quello di chiudersi in se stessa dimenticando e negando la finitezza<br />

dell’uomo, quegli aspetti cioè per cui l’uomo è estraniato a se stesso;<br />

questa è l’impotenza dell’utopia che dà poi luogo a forme di estrema<br />

delusione per l’impossib<strong>il</strong>ità di realizzarla o, peggio, a forme di<br />

terrorismo come pretesa di realizzarla a ogni costo. L’utopia deve essere<br />

quindi corretta e integrata costantemente da un momento di<br />

trascendenza, deve avere una dimensione verticale, oltre che orizzontale,<br />

e questo a vantaggio non solo dell’utopia, ma della stessa trascendenza,<br />

che altrimenti si risolve in un misticismo conservatore e indifferente<br />

rispetto alla storia. Queste, per T<strong>il</strong>lich, [... sono] la dolorosa<br />

testimonianza del dramma politico dell’Europa del nostro secolo o,<br />

quanto meno, dei suoi primi decenni; la caduta della fiducia<br />

ottocentesca nel progresso lineare e <strong>il</strong>limitato ha portato molte coscienze<br />

religiose a chiudersi in se stesse rifiutando ogni intervento nella vita<br />

politica e sociale come compromettente la purezza del messaggio e,<br />

viceversa, ha portato grandi movimenti rivoluzionari a respingere in<br />

modo totalitario e terroristico ogni dimensione trascendente e religiosa,<br />

considerandola come un potenziale indebolimento del processo<br />

rivoluzionario stesso.<br />

All’inizio di questo volume abbiamo associato, perché<br />

prima l’ha fatto la storia, l’idea di fine del mondo –<br />

l’apocalisse intesa in questo senso – all’idea di M<strong>il</strong>lennio e<br />

quindi ora possiamo procedere a congiungere questo e <strong>il</strong><br />

m<strong>il</strong>lenarismo all’utopia e all’utopismo.<br />

Il discrimine tra <strong>il</strong> primo e <strong>il</strong> secondo, scrive Placanica<br />

«è sott<strong>il</strong>e, ma esiste […]: ogni M<strong>il</strong>lennio è un’utopia,<br />

convinzione che la Fine sta per giungere e che essa ci<br />

porterà un mondo nuovo mai visto (ù topos, nessun luogo); così<br />

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