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Apocalisse, il giorno dopo - Baskerville

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D ANELE P UGLIESE, APOCALISSE, IL GIORNO DOPO<br />

Così l’idea del Giudizio universale è legata [...] a quella di biografia<br />

individuale, ma questa biografia termina solo alla fine dei tempi, e non<br />

ancora nell’ora della morte.<br />

Fra XV e XVI secolo l’iconografia sposta <strong>il</strong> Giudizio<br />

dall’etere del gran <strong>giorno</strong> al letto del moribondo, intorno al<br />

quale «le potenze del bene e del male [...] si disputano <strong>il</strong><br />

possesso del moribondo», <strong>il</strong> quale sembra sì assistervi<br />

«come un estraneo», ma «nel lampo di quell’attimo<br />

fugace» è sottoposto alla prova determinante della sua vita,<br />

nella quale è «tentato sia dalla disperazione per i suoi<br />

errori, sia dalla “vanagloria” delle sue buone azioni, sia<br />

dall’amore appassionato per gli esseri e le cose».<br />

Dal rito rasserenante ed essenzialmente collettivo della<br />

morte nel proprio letto che riduce le differenze fra gli<br />

individui, si passa alla definizione del destino di ognuno nel<br />

Giudizio alla fine dei tempi, e da questa alla scena iniziale<br />

nella quale si fondono però sicurezza del rito collettivo e<br />

inquietudine dell’interrogativo personale. La morte nel<br />

proprio letto assume un carattere drammatico e «una<br />

carica d’emozione che prima non possedeva».<br />

Dal XIV al XVI secolo fa la sua apparizione nell’arte e<br />

nella letteratura la rappresentazione del cadavere e poi<br />

della danza macabra, ma solo più tardi, fra XVI e XVII<br />

secolo, quella delle ossa, dei crani, degli scheletri, della<br />

«morte secca». L’orrore della morte fisica, rappresentata<br />

dalla decomposizione del cadavere, è stato, a giudizio di<br />

Ariés, per lungo tempo assente dalla mentalità comune e<br />

quando compare non è riservato post mortem, ma anche intra<br />

vitam, nella malattia, nella vecchiaia 179.<br />

179 Nota più avanti Ariés: «Senza dubbio la Chiesa e soprattutto gli ordini<br />

mendicanti si sono serviti dei temi macabri [...] e li hanno rivolti a un fine<br />

pastorale, per provocare la paura della dannazione. Paura della dannazione e<br />

non paura della morte, come dice Jacques Le Goff. Benché le immagini della<br />

morte e della decomposizione siano state ut<strong>il</strong>izzate per risvegliare questa paura,<br />

tuttavia in origine le erano estranee. In fondo non significavano né la paura<br />

della morte né quella dell’al di là. Erano piuttosto <strong>il</strong> segno di un appassionato<br />

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