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Apocalisse, il giorno dopo - Baskerville

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D ANI ELE P UGLIESE, APOCALISSE, IL GIORNO DOPO<br />

19. Storia della paura<br />

La fine del mondo fa ovviamente paura. Può essere una<br />

paura euforica o disforica, ma è pur sempre paura. Oppure<br />

apprensione, inquietudine, spavento, timore, allarme,<br />

sgomento, turbamento, ansia, angoscia, orrore, terrore,<br />

panico.<br />

In tutte le lingue i vocabolari offrono una larga scelta di<br />

parole per designare la paura, dal momento che essa, scrive<br />

Rosellina Balbi, «invade l’intero universo, individuale e<br />

collettivo, dell’uomo» 182.<br />

In base alle definizioni degli psicanalisti bisognerebbe<br />

distinguere tra paura e angoscia, sorgendo la prima come<br />

reazione emotiva in presenza di un pericolo reale (anche<br />

potenziale), mentre la seconda «è “priva di oggetto”, o<br />

comunque si riferisce a una minaccia irr<strong>il</strong>evante, se non<br />

addirittura immaginaria».<br />

Qui naturalmente bisognerebbe stab<strong>il</strong>ire se la fine del<br />

mondo è un pericolo potenziale o immaginario, o<br />

addirittura, come qualcuno ha scritto, incombente, in atto.<br />

In attesa di una risposta, o nella consapevolezza che una<br />

risposta non esiste, si può comunque, seguendo le<br />

indicazioni del libro di Rosellina Balbi, farsi un’idea più<br />

puntuale sulla paura, o sui suoi sinonimi. Su un sentimento<br />

cioè che se «domina la vita e percorre la storia», come<br />

182 ROSELLINA BALBI, Madre paura. Quell’istinto antichissimo che domina la vita e percorre<br />

la storia, M<strong>il</strong>ano, Mondadori, 1984, da cui, salvo diversa indicazione, sono tratte<br />

le citazioni di questo capitolo.

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