Luca Augusto Pietro Uccelli, uomo di dio (Biografia) - saveriani.com
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SAN GIUSEPPE, PENSATECI VOI<br />
I prefetti del 1923-1924, ossia gli assistenti degli allievi inviati dalla Casa Madre<br />
<strong>di</strong> Parma, avevano visto con meraviglia quanto stava succedendo a seguito <strong>di</strong><br />
quei pezzettini <strong>di</strong> pane o <strong>di</strong> quei fagioli, posti ai pie<strong>di</strong> della statuetta <strong>di</strong> San Giuseppe,<br />
e in un piccolo Notes dalla copertina nera avevano annotato qualcuna <strong>di</strong><br />
quelle risposte del Santo della Provvidenza. Il libricino fu conservato fino al<br />
1984-1985, quando andò smarrito. I prefetti che vennero dopo, non furono altrettanto<br />
attenti a quanto la Provvidenza operava a vantaggio della casa e soprattutto<br />
al modo. Si viveva senza alcuna preoccupazione e ciò sembrava naturale.<br />
Solo negli ultimi mesi del 1926, i nuovi prefetti <strong>com</strong>inciarono a ricordare nella<br />
cronaca del bollettino interno, “Vita nostra”, alcuni episo<strong>di</strong> che hanno dello straor<strong>di</strong>nario.<br />
Forse il cronista era quel giovane prefetto <strong>di</strong> alta sensibilità spirituale<br />
che fu Gaetano La Face. Inviato <strong>di</strong> nuovo a Vicenza dopo l’or<strong>di</strong>nazione sacerdotale<br />
nel 1929, vi morirà due anni dopo in concetto <strong>di</strong> santità.<br />
Ebbene, il 5 novembre 1926 “Vita nostra” segna: «San Giuseppe ci manda 5<br />
quintali <strong>di</strong> vino da Arzignano» (forse voleva <strong>di</strong>re ettolitri), e il 19: «San Giuseppe<br />
ci manda 5 quintali <strong>di</strong> granoturco». Al 5 <strong>di</strong>cembre si legge: «È venuto un operaio<br />
a impiantare il telefono che San Giuseppe ci ha procurato, senza nemmeno farci<br />
pagare la tassa occorrente per l’uso». Il 19 gennaio dell’anno nuovo 1927, è scritto:<br />
«San Giuseppe ci manda due carretti <strong>di</strong> provvidenza da Villaverla: frumento,<br />
patate, granoturco». Al 31 del mese una nota più lunga: «Verso le 10, trovandoci<br />
senza pasta, il padre Rettore manda il fratello Dall’Armi a portarne alcuni pezzettini<br />
davanti a San Giuseppe. Non erano passati tre quarti d’ora che San Giuseppe<br />
ce ne manda alcune casse da Arzignano, per mezzo della famiglia Cazzola, benefattrice<br />
dell’Istituto».<br />
Tre mesi dopo, al 17 marzo, nuova annotazione: «Trovandoci ancora senza pasta,<br />
il padre Rettore ne fa porre qualche pezzettino davanti a San Giuseppe, e poco<br />
dopo ne arriva quasi mezzo quintale». Il 18 marzo: «Lo stesso benefattore che ieri<br />
ci mandò la pasta, oggi ci manda il carbone per cuocerla».<br />
In quella data si annota anche che San Giuseppe è stato adornato <strong>di</strong> una aureola<br />
d’oro finissimo, costellata <strong>di</strong> 18 tra <strong>di</strong>amanti e perline, dono della Provvidenza,<br />
senza che l’Istituto vi abbia messo nemmeno un centesimo. Ecco <strong>com</strong>e sono andate<br />
le cose.<br />
Un bel giorno a padre <strong>Uccelli</strong> venne in mente <strong>di</strong> dare un segno <strong>di</strong> riconoscenza<br />
al suo San Giuseppe. Come? «Capperi! — esclamò — l’aureola!». Il suo san Giuseppe<br />
era senza aureola. Un Santo senza aureola non va… Ne parlò alla signora<br />
Masolo, che darà poi due figli alle missioni saveriane, ed essa ne fece parola alle<br />
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