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Luca Augusto Pietro Uccelli, uomo di dio (Biografia) - saveriani.com

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GLI ULTIMI ANNI<br />

1949-1954<br />

Nei primi mesi del 1949, padre <strong>Uccelli</strong> ha avuto due volte l’influenza e ne è<br />

uscito stremato.<br />

La primavera si è presentata con una temperatura rigi<strong>di</strong>ssima e col ghiaccio. I<br />

reumatismi non gli davano requie. L’estate non portò molto sollievo: «Le forze se<br />

ne sono andate, la memoria è volata via e la vista mi fa spesso tribolare». «Salute<br />

poca, forze poche, appetito non molto». Si stanca molto, se legge o scrive la testa<br />

gli gira. Gli pare <strong>di</strong> essere vicino alla fine, molto vicino. La sua salute va declinando:<br />

gli anni sono tanti e i malanni non pochi.<br />

All’inizio del 1950 sta meno bene del solito; <strong>di</strong>ce con grande fatica la Messa, il<br />

ventre e le gambe non vogliono fare giu<strong>di</strong>zio. Malgrado gli acciacchi, ringrazia il<br />

Signore <strong>di</strong> essere arrivato a quell’età (ha 76 anni) e prega <strong>di</strong> potersi preparare bene<br />

a una morte santa.<br />

In aprile va a Parma, in quelle con<strong>di</strong>zioni, non si sa per quale motivo. Al ritorno<br />

deve attendere il treno ad Asola per cinque ore, poi a Piadena altri 50 minuti:<br />

tali erano le con<strong>di</strong>zioni del dopo guerra. Chissà a che ora sarà arrivato a Vicenza!<br />

Anche la primavera del 1950 è anormale: tantissima acqua, freddo, vento,<br />

gran<strong>di</strong>ne e, poco lontano, la neve: «Anche le stagioni vanno <strong>com</strong>e il cervello degli<br />

uomini: alla rovescia» — scrisse. Ha preso una tosse numero uno! E reumi dolorosi.<br />

Si consola con le parole <strong>di</strong> qualche Santo: Amare il Signore fino alla follia e<br />

soffrire fino al martirio.<br />

In ottobre è <strong>di</strong> nuovo a Parma, ancora non si sa perché; non si fida <strong>di</strong> andare a<br />

trovare Melania, per timore <strong>di</strong> non riuscirci. A Vicenza è caduto due volte per le<br />

scale, in malo modo. Un tonfo terribile, ma niente ferite: «Le gambe mi fanno<br />

questi brutti scherzi. La vecchiaia è arrivata, carica dei suoi doni non troppo gra<strong>di</strong>ti».<br />

Gli occhi non gli permettono più <strong>di</strong> scrivere. La vista è sempre più ridotta. La<br />

testa gira, le gambe fanno scherzi, tanto che cade «<strong>com</strong>e corpo morto cade». Le<br />

gambe sono sempre più deboli, l’artrite lo fa spesso tribolare, ma non troppo, così<br />

egli scrive; gli occhi non fanno il loro dovere, ma non deve lamentarsi perché il<br />

Signore ha permesso che se ne servisse per 77 anni.<br />

Anche sua sorella Teresa, a Barco, è malata e, tre anni dopo, lo precederà <strong>di</strong><br />

poco al sepolcro. Le lettere si fanno più rare e non abbiamo più notizie <strong>di</strong>rette della<br />

sua salute.<br />

Nel 1952, a maggio, lo affligge l’improvvisa morte <strong>di</strong> mons. Bruno Barbieri,<br />

<strong>di</strong>rettore dell’Ufficio missionario e suo caro amico. In quello stesso anno moriva<br />

anche la sua amica, Melania Genitoni, anima eletta, generosa con i poveri e i sof-<br />

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