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12/2010 - Università degli Studi del Molise

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Federico Pernazza<br />

fonte di soft law non acquisiscano nel tempo carattere di imperatività corredata<br />

da strumenti di coercizione.<br />

Particolari difficoltà emergono comunque nel diritto penale. Il diritto<br />

penale è tradizionalmente retto dai principi <strong>del</strong>la riserva di legge (nullum<br />

crimen sine lege) e <strong>del</strong>la tassatività ovvero <strong>del</strong>la sufficiente determinatezza<br />

<strong>del</strong>la fattispecie penale <strong>del</strong>ineata dalla legge. Sempre più numerose<br />

sono tuttavia le ipotesi in cui la fattispecie criminosa è <strong>del</strong>ineata attraverso<br />

il concorso di più fonti: la legge viene infatti integrata da fonti<br />

subordinate che possono assumere ruoli diversi, dalla determinazione<br />

<strong>del</strong>le condotte punibili alla disciplina di uno o più elementi che concorrono<br />

alla descrizione <strong>del</strong>l’illecito penale ovvero alla specificazione di elementi<br />

<strong>del</strong>la fattispecie già legislativamente predeterminati nel nucleo essenziale.<br />

In tale ultimo caso, è assai frequente – e tendenzialmente considerato<br />

legittimo – che la specificazione di elementi “tecnici” sia operata<br />

da fonti di rango sublegislativo. Discutibile è però il risultato cui si perviene<br />

quando l’integrazione sia operata attraverso il richiamo a dati tecnici<br />

elaborati da enti diversi dalle pubbliche amministrazioni competenti<br />

o da fonti internazionali attendibili. 2<br />

3. La “norma tecnica” nell’ordinamento italiano e le difficoltà di coordinamento<br />

con l’approccio comunitario<br />

L’approfondimento scientifico dei problemi connessi con la formazione<br />

di prescrizioni in materia tecnico-scientifica procede necessariamente dalla<br />

definizione <strong>del</strong> concetto di “norma tecnica” ed in particolare dalla eventuale<br />

distinzione <strong>del</strong>lo stesso rispetto al concetto di “norma giuridica”.<br />

2 Paradigmatico è il caso <strong>del</strong>la normativa in materia di reflui industriali di cui al D. Lgs.<br />

11 maggio 1999, n. 152 . Inizialmente il reato di cui all’art. 59 (superamento dei valori limite<br />

negli scarichi) era specificato con il riferimento ad una serie di sostanze elencate nella tabella<br />

5 <strong>del</strong>l’allegato 5, il cui n. 18 faceva riferimento genericamente “alle sostanze di cui è provato<br />

il potere cancerogeno”. La Corte di Cassazione con la sentenza 13 ottobre 1999, n. 13694<br />

(Tanghetti) segnalò che per fugare ogni dubbio di costituzionalità per possibile contrasto con<br />

il principio di determinatezza di cui all’art. 25 <strong>del</strong>la Costituzione) a fronte <strong>del</strong>la citata espressione<br />

indeterminata occorreva considerare soltanto quelle sostanze che fossero ritenute cancerogene<br />

dal Ministero <strong>del</strong>la Sanità o da fonti internazionali autorevoli. Ciò ha condotto alla<br />

modifica <strong>del</strong> citato n. 18 <strong>del</strong>la tabella 5 <strong>del</strong>l’allegato 5 che ora si riferisce alle “sostanze di cui,<br />

secondo le indicazioni <strong>del</strong>l’agenzia internazionale di ricerca sul cancro (IARC), è provato il<br />

potere cancerogeno”. Il problema <strong>del</strong>la potenziale violazione <strong>del</strong>l’art. 25 <strong>del</strong>la Costituzione<br />

in caso di integrazione <strong>del</strong>la norma penale con determinazioni amministrative a contenuto<br />

tecnico è stato risolto negativamente per la prima volta da Corte Cost. 19 maggio 1964, in Giur.<br />

cost. 1964, p. 483 ss., con riferimento all’ipotesi <strong>del</strong>la determinazione da parte Ministro <strong>del</strong>la<br />

sanità <strong>del</strong>l’elenco <strong>degli</strong> stupefacenti di cui è vietata la detenzione.<br />

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