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12/2010 - Università degli Studi del Molise

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Nel cognome <strong>del</strong>la madre<br />

ta ritenuta idonea a giustificare il diniego opposto.<br />

La Corte non perde occasione per precisare che lo status di cittadino<br />

<strong>del</strong>l’Unione è destinato ad essere la condizione fondamentale dei cittadini<br />

<strong>degli</strong> Stati membri.<br />

Tale interpretazione viene confermata anche nelle successive pronunce.<br />

Ad esempio nel giudizio scaturito nel caso n. C 353/06, Stefan Grunkin<br />

e Dorothee Regina Paul, culminato nella sentenza <strong>del</strong> 14 ottobre 2008,<br />

la quale costituisce un ulteriore importante tassello nella definizione <strong>del</strong>lo<br />

«Statuto <strong>del</strong> cognome» dei cittadini europei.<br />

Nella fattispecie il minore tedesco Leonhard Matthias, nato in Danimarca<br />

da genitori tedeschi ed ivi residente fin dalla nascita, era stato iscritto<br />

nei registri di stato civile danesi e sul certificato di riconoscimento <strong>del</strong><br />

nome, navnebevis danese, con il cognome composto “Grunkin-Paul” attribuito<br />

in conformità al diritto danese, applicabile in forza <strong>del</strong>le norme<br />

di conflitto di quel Paese, che in materia utilizzano il criterio di collegamento<br />

<strong>del</strong>la residenza. Le autorità tedesche rifiutavano di trascrivere tale<br />

cognome, in forza <strong>del</strong>l’art. 10 <strong>del</strong>l’EGBGB, Einführungsgesetz zum Bürgerlichen<br />

Gesetzbuch, secondo il quale il cognome <strong>del</strong>la persona è disciplinato<br />

dalla legge <strong>del</strong>lo Stato di cui essa possiede la cittadinanza, rimandando<br />

quindi all’articolo 1617 <strong>del</strong> cc tedesco, il quale non consente la trascrizione<br />

di cognomi composti.<br />

Approdato il caso alla Corte, questa ha ritenuto che il diritto di libera<br />

circolazione <strong>del</strong> cittadino <strong>del</strong>l’Unione, sancito dall’articolo 18 CE,<br />

oggi 21 TFUE, osti a che le autorità <strong>del</strong>lo Stato di cittadinanza di un minore,<br />

in applicazione <strong>del</strong>le proprie norme di conflitto, rifiutino il riconoscimento<br />

<strong>del</strong> cognome attribuito secondo le norme di conflitto <strong>del</strong>lo Stato<br />

di nascita e di residenza e trascritto nei registri di stato civile. La discrepanza<br />

tra il nome iscritto nel passaporto rilasciato dall’autorità tedesca<br />

e quello che figura sul certificato di nascita danese, causerebbe di certo<br />

problemi nella vita personale e professionale <strong>del</strong>l’interessato.<br />

La Corte ha poi vagliato la sussistenza di esigenze imperative d’interesse<br />

generale, idonee a giustificare il comportamento tedesco, ma non<br />

ne ha trovate, non ritenendo sufficienti le argomentazioni dedotte, secondo<br />

le quali la normativa tedesca non permette l’attribuzione <strong>del</strong> doppio<br />

cognome per limitarne la lunghezza, nonché per evitare che la generazione<br />

successiva debba rinunciare a una parte <strong>del</strong> cognome.<br />

La Corte di Giustizia ha dunque <strong>del</strong>ineato un diritto <strong>del</strong> cittadino<br />

europeo a conservare il proprio nome attraverso le frontiere.<br />

Per giungere a tale conclusione, essa ha ricostruito tale diritto, dapprima<br />

come corollario <strong>del</strong> divieto di discriminazione in base alla cittadinanza<br />

e poi <strong>del</strong> principio <strong>del</strong>la libertà di circolazione.

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