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12/2010 - Università degli Studi del Molise

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La c.d. confisca allargata. Caratteristiche e limiti di configurabilità<br />

liticamente i redditi e le attività <strong>del</strong> condannato al momento <strong>del</strong>le singole<br />

acquisizioni, così come anche la prova <strong>del</strong>l’effettiva appartenenza al<br />

condannato di beni formalmente intestati a terzi; una volta provate tutte<br />

queste circostanze, sussiste una presunzione iuris tantum di illecita accumulazione<br />

di tali beni che può essere superata solo da specifiche e verificate<br />

allegazioni <strong>del</strong> condannato. Con tali allegazioni l’interessato dovrà<br />

dimostrare la liceità <strong>del</strong>l’acquisizione di tali beni e non solo fornire<br />

la prova negativa <strong>del</strong>la non provenienza <strong>del</strong> bene (o dei beni) dal reato<br />

per cui vi è stata la condanna. Pertanto, il soggetto dovrà dimostrare, non<br />

solo in base a titoli negoziali o, comunque, di natura giuridico -formale,<br />

ma, soprattutto, in termini economici, che l’acquisizione dei beni è avvenuta<br />

in conformità alle proprie capacità economiche o che discenda,<br />

in ogni caso, da attività consentite dall’ordinamento giuridico.<br />

È importante evidenziare come anche la dimostrazione <strong>del</strong>la legittima<br />

provenienza dei beni da parte <strong>del</strong> privato debba fondarsi sull’acquisto<br />

di ogni singolo bene e non con riferimento al patrimonio nel suo insieme.<br />

Se l’interessato assolverà a tale onere, sarà, comunque, il pubblico<br />

ministero a dover controdedurre e provare l’infondatezza <strong>del</strong>le allegazioni<br />

<strong>del</strong>la difesa.<br />

La Corte Costituzionale ha, inoltre, respinto le obiezioni circa la non<br />

conformità <strong>del</strong>l’art. <strong>12</strong> sexies agli articoli 24, c. 2, e 42 Cost., che tutelano,<br />

rispettivamente, il diritto di difesa innanzi all’autorità giurisdizionale e<br />

il diritto di proprietà.<br />

Con riferimento al diritto di difesa, il Giudice <strong>del</strong>le leggi, nell’ordinanza<br />

n. 18/1996, ha argomentato che la norma impugnata non prevede<br />

una imposizione di onere <strong>del</strong>la prova né una “probatio diabolica” in<br />

sfavore <strong>del</strong> condannato. Il legislatore, infatti, si è limitato a disporre una<br />

presunzione iuris tantum di illecita accumulazione dei beni quando la pubblica<br />

accusa abbia dimostrato la sproporzione tra il valore dei beni stessi<br />

da un lato e i redditi e le attività economiche dall’altro, al momento <strong>del</strong>l’acquisto<br />

di ogni singolo bene. Tale presunzione legislativa può essere<br />

superata con una mera allegazione di titoli, fatti e circostanze che giustifichino<br />

la disponibilità di quei beni. Si tratta, pertanto, di un onere di<br />

agevole assolvimento.<br />

Con riferimento alla presunta violazione <strong>del</strong> diritto di proprietà, la<br />

medesima pronuncia <strong>del</strong>la Corte Costituzionale, richiamando la sentenza<br />

n. 48/1994, ha precisato che l’art. 42 Cost. non tutela la proprietà in<br />

modo indiscriminato (come, al contrario, prevedeva lo Statuto Albertino<br />

che, all’articolo 29, ne garantiva l’inviolabilità), bensì in modo che ne<br />

sia assicurata la funzione sociale (oltre che la libera accessibilità). La presunzione<br />

di illecita provenienza dei beni prevista dall’art. <strong>12</strong> sexies d.l.<br />

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