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12/2010 - Università degli Studi del Molise

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Andrea Rallo<br />

motivi di ricorso.<br />

Questi infatti vengono autonomamente giudicati dalle corti amministrative<br />

alla ricerca <strong>del</strong>la loro fondatezza in quanto tali, alla luce <strong>degli</strong> atti<br />

procedimentali, che il giudizio amministrativo percorre a ritroso: dunque<br />

senza che sia necessaria la loro difesa da parte <strong>del</strong>l’amministrazione.<br />

E questa, in sintesi, sembra essere la più rilevante tra le differenze<br />

<strong>del</strong> processo amministrativo rispetto a quello ordinario, laddove si parli<br />

di contraddittorio: le ragioni <strong>del</strong>le parti non sono equivalenti, perché<br />

il giudizio parte già con una presunzione di legittimità, che il ricorrente<br />

è chiamato a scardinare, e che il giudice non può valutare, se non nell’ambito<br />

dei motivi dedotti dallo stesso ricorrente.<br />

3. Ciononostante, parlando di principi generali, quali quello <strong>del</strong> contraddittorio,<br />

non sembra immaginabile dedurre una definizione di contraddittorio<br />

propria <strong>del</strong> processo amministrativo, nel senso che il significato<br />

ultimo e tipico di questo sia diverso qui che altrove; ed il richiamo<br />

contenuto nell’art. 2 <strong>del</strong> Codice al giusto processo ex art 111 Cost. e<br />

l’art. 27 <strong>del</strong> Codice, mi sembra autorizzino una trattazione secondo i canoni<br />

tradizionali <strong>del</strong>lo stesso.<br />

Piuttosto, in tempi di imperante relativismo scientifico penso sia opportuno<br />

ricercare la definizione di contraddittorio, più che dalle norme<br />

generali in tema di giusto processo – secondo Costituzione art. 111 o art.<br />

6 CEDU, in quanto pensate più sul processo penale che su quello civile<br />

– piuttosto nella “patristica” <strong>del</strong> diritto processuale <strong>del</strong> novecento, in quanto<br />

testimone di un’epoca più pacata ed al tempo stesso moderna.<br />

Se si riguardano le elaborazioni, ad esempio di Betti, vi si legge come<br />

questi considerasse il contraddittorio secondo due distinti aspetti: il primo,<br />

di uno “scontro” che riproducesse in sede processuale il rapporto giuridico<br />

sostanziale (rapporto giuridico a struttura almeno bilaterale); il secondo,<br />

di un contraddittorio necessario al giudice per giungere ad una<br />

più realistica conoscenza <strong>del</strong>la vicenda e dunque ad migliore decisione,<br />

poiché “per virtù <strong>del</strong> contraddittorio, la esposizione di ciascuna parte si integra<br />

e si rettifica, in servigio <strong>del</strong>la decisione giusta” 8 .<br />

Un contraddittorio che quindi nasce come diritto (proprio) <strong>del</strong>la parte<br />

presente nel rapporto sostanziale a partecipare al processo, ma anche<br />

in funzione <strong>del</strong>l’interesse (pubblico) alla migliore decisione possibile da<br />

parte <strong>del</strong> Giudice.<br />

Con il che, accanto ed insieme con il diritto <strong>del</strong>le parti ad essere ascol-<br />

8 E. Betti: Diritto processuale civile italiano, Roma 1936 p. 21<br />

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