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12/2010 - Università degli Studi del Molise

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Carmela Amura<br />

figli, Esmeralda e Diego, ai quali veniva attribuito il cognome <strong>del</strong> padre,<br />

composto, in conformità alla legge e all’uso spagnoli, dal primo elemento<br />

<strong>del</strong> cognome <strong>del</strong> padre e dal primo elemento <strong>del</strong> cognome <strong>del</strong>la madre.<br />

Successivamente i genitori avevano chiesto alle autorità belghe di<br />

ottenere il cambiamento <strong>del</strong> cognome dei figli, in possesso <strong>del</strong>la doppia<br />

cittadinanza belga e spagnola, da Garcia Avello a Garcia Weber, in modo<br />

che lo stesso rispecchiasse il mo<strong>del</strong>lo spagnolo e comprendesse il primo<br />

elemento <strong>del</strong> cognome <strong>del</strong> padre seguito dal cognome da nubile <strong>del</strong>la madre<br />

<strong>degli</strong> stessi. In questo modo, infatti, i due figli erano stati registrati<br />

presso la sezione consolare <strong>del</strong>l’Ambasciata di Spagna in Belgio.<br />

Tale domanda veniva respinta in quanto contraria alla prassi vigente<br />

in Belgio, ove i figli portano il cognome <strong>del</strong> padre, ed in alternativa si<br />

proponeva la registrazione con il solo cognome Garcia, proposta rifiutata<br />

dai genitori.<br />

Il Conseil d’État belga, sollevava quindi una questione pregiudiziale<br />

innanzi alla Corte di Giustizia, per sapere se i principi di diritto comunitario<br />

in materia di cittadinanza <strong>del</strong>l’Unione europea e di libera circolazione<br />

<strong>del</strong>le persone, ostavano a tale rifiuto.<br />

La Corte di Giustizia, accertata l’incompatibilità <strong>del</strong> regime nazionale<br />

con il diritto comunitario, ha innanzitutto rilevato che la controversia<br />

richiedeva l’applicazione di tale diritto, essendo in discussione<br />

l’esercizio <strong>del</strong> diritto di cittadinanza dei due figli, cittadini di uno Stato<br />

membro, i quali soggiornano legalmente sul territorio di un altro Stato<br />

membro, di cui pure possiedono la cittadinanza.<br />

Il giudice di Lussemburgo ha quindi ritenuto che la prassi riscontrata<br />

nell’ordinamento belga, è in contrasto con gli articoli <strong>12</strong> e 17 <strong>del</strong> Trattato<br />

UE, poiché determina una discriminazione in ragione <strong>del</strong>la cittadinanza,<br />

con riferimento alle norme che disciplinano il cognome dei genitori.<br />

La Corte ricorda che il divieto di discriminazione impone di non trattare<br />

situazioni analoghe in maniera diversa e situazioni diverse in maniera<br />

analoga, chiarendo altresì, che un trattamento discriminatorio può<br />

essere giustificato solo se fondato su considerazioni oggettive, indipendenti<br />

dalla cittadinanza <strong>del</strong>le persone interessate e commisurate allo scopo<br />

legittimamente perseguito.<br />

Nella fattispecie concreta era risultato che i belgi dotati anche di cittadinanza<br />

spagnola, vengono trattati allo stesso modo dei cittadini belgi,<br />

ai quali viene attribuito il solo cognome <strong>del</strong> padre, mentre essi nel Paese<br />

di origine, avrebbero goduto <strong>del</strong> regime <strong>del</strong> doppio cognome.<br />

Né la dedotta immutabilità <strong>del</strong> cognome come principio fondante<br />

<strong>del</strong>l’ordinamento belga, derogabile solo dal Re in casi eccezionali, è sta-<br />

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