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12/2010 - Università degli Studi del Molise

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Fiore Fontanarosa<br />

sa alla deroga <strong>del</strong> divieto dei patti successori (nelle sue due varianti di<br />

pattuizioni istitutive e rinunciative), è necessario sottolineare come, in materia<br />

successoria, l’obiettivo principale (<strong>del</strong> legislatore) fosse rappresentato<br />

dalla conservazione dei beni alle famiglie; da tale postulato, la cui<br />

importanza è stata opportunamente messa in evidenza dalla dottrina francese<br />

<strong>del</strong>l’epoca, discendeva, quale logico corollario giuridico, la compressione<br />

<strong>del</strong>la facoltà di testare 23 . Tuttavia, pare che proprio l’esistenza <strong>del</strong><br />

citato principio favorì la nascita (e diffusione) di svariate clausole che giungevano<br />

ad ammettere l’istituzione di persone non ancora nate, piuttosto<br />

che attribuzioni patrimoniali a titolo gratuito che non necessitavano <strong>del</strong>l’accettazione<br />

o, ancora, patti successori (sia istitutivi che rinunciativi) o,<br />

infine, liberalità tra i nubendi (sempreché effettuate antecedentemente<br />

al matrimonio) 24 . Le citate deroghe, operanti in materia successoria, si imposero<br />

anche con riguardo all’istituto <strong>del</strong>le donazioni; in particolare, le<br />

donazioni compiute per contrat de mariage in favore dei congiunti o dei<br />

loro discendenti, così come dai collaterali o da persone estranee, erano<br />

considerate pienamente valide; in tal modo costituendo una evidente deroga<br />

al divieto, previsto per il donante, di disporre di beni non suoi al<br />

momento <strong>del</strong>l’atto di liberalità 25 .<br />

In un’ottica sincro-diacronica, ovvero in un’analisi comparatistica<br />

di un’esperienza giuridica passata, posta in relazione con altra esperienza<br />

giuridica <strong>del</strong> medesimo periodo storico, è possibile svolgere almeno<br />

un paio di riflessioni, scaturenti dall’analisi <strong>del</strong>l’istituto <strong>del</strong> contrat de mariage.<br />

In primis, pare utile sottolineare come il favor nei riguardi <strong>del</strong>la regolamentazione<br />

preventiva dei rapporti mortis causa in sede di contratto<br />

di matrimonio, non fosse tipico ed esclusivo <strong>del</strong>la Francia, bensì diffuso<br />

in tutta l’Europa prerivoluzionaria; le giustificazioni di tale atteggiamento,<br />

giuridicamente “indulgente”, furono, invero, rinvenute nelle<br />

fonti romane nonostante queste, in realtà, non facessero riferimento,<br />

23 Così proclamava il La Preste nelle sue Questions notables, le cui affermazioni sono<br />

riprese da G. OBERTO, op. cit., pp. 548 e s.<br />

24 G. OBERTO, op. cit., pp. 549 e s., il quale rammenta, al fine di avvalorare tale tesi, gli<br />

esempi riportati dal Pothier: si tratta <strong>del</strong> caso di una rinunzia all’eredità fatta dalla figlia nei<br />

riguardi dei genitori che le avevano costituito una dote in contratto di matrimonio.<br />

25 Così G. OBERTO, op. cit., pp. 550 e s., il quale ricorda come tali deroghe fossero “legittimate”<br />

da una ordonnance emanata in materia (di donazioni) da Luigi XV nel febbraio<br />

<strong>del</strong> 1731. Questo provvedimento reale prevedeva che tali atti potessero comprendere, sia<br />

i beni futuri, che quelli presenti, in tutto o in parte, estendendosi sino ad abbracciare effetti<br />

mortis causa. I commentatori ritennero allora che i contratti di matrimonio avessero una<br />

“doppia” natura giuridica ovvero, sia quella tipica <strong>degli</strong> atti tra vivi, sia quella di (vere e<br />

proprie) disposizioni testamentarie.<br />

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