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12/2010 - Università degli Studi del Molise

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Maria Antonella Gliatta<br />

do il T.A.R. scrive « il Sindaco può opporre ragioni politiche alla presenza<br />

di una donna nella formazione <strong>del</strong>l’organo di governo, ma deve trattarsi<br />

di una condizione di assoluta impossibilità di attuazione <strong>del</strong> principio,<br />

nel caso di specie in alcun modo dimostrata». Il passaggio argomentativo<br />

citato rileva, così, un ampio spazio di valutazione sulla ragionevolezza<br />

<strong>del</strong>la scelta sindacale riservata al giudice.<br />

In assenza di una prescrizione normativa, legislativa o statutaria,<br />

sufficientemente dettagliata non poteva, infatti, che essere quest’ultimo<br />

a valutare il legittimo esercizio <strong>del</strong> potere di nomina rispetto al limite costituzionale.<br />

Siamo evidentemente di fronte ad uno schema di giudizio complesso<br />

che applica il principio di ragionevolezza nella sua declinazione più classica,<br />

ovvero quella <strong>del</strong> principio di uguaglianza ex art. 3, primo comma<br />

Cost. 26<br />

Che questo parametro sia nella piena disponibilità <strong>del</strong> giudice comune<br />

e, in species, <strong>del</strong> giudice amministrativo 27 , non ha da discutersi. Ma<br />

il suo utilizzo, accompagnato ad un uso diretto <strong>del</strong> dettato costituzionale,<br />

assume un significato più pregnante.<br />

Il test di ragionevolezza, in una <strong>del</strong>le sue possibili articolazioni, rappresenta,<br />

infatti, un ulteriore strumento di quella che alcuni definiscono<br />

«pancostituzionalizzazione» <strong>del</strong>l’ordinamento 28 , ad indicare la crescente<br />

possibilità di fare appello ai principi costituzionali in ogni possibile contesto<br />

<strong>del</strong>la vita sociale, in ogni possibile conflitto di interessi, riducendo<br />

o forse eliminando gli spazi costituzionalmente «vuoti» 29 . E dunque, ove<br />

venga usato, come nel nostro caso, congiuntamente ad un’ipotesi di applicazione<br />

giudiziale dei diritti costituzionali, finisce per accentuare il ruolo<br />

<strong>del</strong>la giurisprudenza ordinaria, già di per sé di prima linea, nella “gestione”<br />

dei diritti fondamentali 30 .<br />

26 Sulla ragionevolezza, L. D’ANDREA, Ragionevolezza e legittimazione <strong>del</strong> sistema, Milano<br />

2005; 53 ss. sul rapporto tra Corte Costituzionale, giudici comuni e legislatore in tema<br />

di ragionevolezza, R. BIN, Ragionevolezza e divisione dei poteri, in Diritto e questioni pubbliche,<br />

n. 2 agosto 2002.<br />

27 L. D’ANDREA, op. cit. <strong>12</strong>7 ss.<br />

28 G. PINO, op. cit., <strong>12</strong>1 e ss.<br />

29 « Pressoché ogni conflitto giuridico si trova in un immaginario spazio giuridico<br />

nel quale si sovrappongono le aree di protezione di due o più diritti o interessi costituzionali<br />

(…) Qualsiasi conflitto di interessi che non abbia una persuasiva composizione nelle<br />

leggi ordinarie ha altissime probabilità di essere tematizzato come conflitto tra interessi costituzionalmente<br />

rilevanti», così, R. BIN, Ragionevolezza e divisione dei poteri, op. cit., pag. <strong>12</strong>3.<br />

30 E. LAMARQUE, L’attuazione giudiziaria dei diritti costituzionali, in Quaderni Costituzionali,<br />

2008, 269 ss.<br />

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