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IL PENSIERO ADOLESCENTE DI HITLER - Gigliolazanetti.eu

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una fiorente nazione.<br />

C’è ragione di essere orgogliosi del proprio popolo soltanto nel momento in cui non ci si deve<br />

vergognare di nessuna classe sociale. Ma una nazione di cui metà è misera, mal ridotta, o<br />

completamente estenuata, dà un quadro talmente cattivo che nessuno può esserne orgoglioso. Solo se<br />

una nazione è completamente sana, nel corpo e nell’anima, ciascuno può essere contento di farne<br />

parte, e questa gioia può elevarsi a quel sentimento che noi chiamiamo orgoglio nazionale. E questo<br />

alto sentimento sarà sentito solo da chi conosce il valore della propria nazione.<br />

Già nell’animo dei giovani bisogna imprimere la cognizione del profondo legame del<br />

nazionalismo col sentimento della giustizia sociale. Così si formerà un giorno un popolo di cittadini<br />

affiatati e fortificati da un amore e una fierezza comune, incrollabile e inamovibile in eterno. Il timore<br />

che la nostra epoca ha del nazionalismo fanatico è indice della sua debolezza. Poiché gli manca, anzi<br />

non apprezza ogni superlativa forza, esso non può essere scelto dalla sorte a grandi opere. Poiché le<br />

maggiori rivoluzioni scoppiate sulla Terra non sarebbero state concepibili se avessero avuto per<br />

impulsi non passioni sfrenate, isteriche, ma i valori borghesi della calma e della disciplina. Ma il<br />

mondo va certamente incontro ad un grande cambiamento. E solo ci si può domandare se avrà per<br />

effetto la salvezza degli arii, o la diffusione del giudaismo, dell’ebreo errante. 4<br />

Nella cultura dello Stato nazionale l’educazione deve dunque essere formata “in modo<br />

che il giovane, finita la scuola, non sia un mediocre pacifista, un democratico o qualcosa di<br />

simile, ma un vero tedesco”. Implicitamente Hitler, attraverso il linguaggio, crea<br />

un’equivalenza complessa molto potente: “essere un vero tedesco” vuol dire “rifiutare il<br />

pacifismo e la democrazia”, ritenuti “mediocri”.<br />

CRISI <strong>DI</strong> IDENTITA’ E PROCESSO <strong>DI</strong> CAMBIAMENTO NELLE DEMOCRAZIE<br />

MODERNE<br />

Anche nella nostra società attuale si confonde spesso la “cultura della moderazione”<br />

con la “cultura della mediocrità” e “dell’incapacità di prendere posizione o di assumere<br />

posizioni forti”. Ascoltando alcuni giovani, si riceve l’impressione che solo la lotta di classe e<br />

la dittatura del proletariato possano risolvere i problemi dei lavoratori. Viceversa, ascoltando<br />

il settantatreenne “duce del fronte nazionale” Jean Marie Le Pen, rappresentante dell’estrema<br />

destra francese, xenofoba e razzista, impegnato quanto Chirac nella corsa per le elezioni<br />

presidenziali del 2002, si può ricevere l’impressione che non sia più “moderato” del tanto<br />

4 Ibidem, pp. 51-52<br />

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