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PARTE III: XI CONGRESSO REGIONALE CISL LOMBARDIA tivo determinando effetti significativi anche sul piano occupazionale. Nonostante i limiti del modello di sviluppo preesistente e nonostante il peso della crisi, il Nord accoglie molte buone pratiche e molti casi virtuosi in ambito economico, del lavoro, del governo locale, della cooperazione, dell’Università, dell’istruzione superiore, del welfare socio–sanitario, nelle autonomie funzionali per le infrastrutture e i trasporti. Eppure questo straordinario patrimonio, sottoposto a un’ingessatura burocratico–amministrativa centralistica, non riesce più a sprigionare tutto il suo potenziale, di cui, in ultima analisi beneficerebbe tutto il Paese. Non è più di alcuna utilità censire pregi e virtù del Nord come se nella crisi non fossero intensamente coinvolte le famiglie di reddito medio e basso, i giovani, le donne, le imprese esposte alla concorrenza internazionale, in una certa misura gli immigrati. Gli effetti di reddito sono importanti, ma ancora di più lo sono i cambiamenti socioculturali, i comportamenti, i valori, le aspettative, le relazioni tra le persone. Dall’erosione delle retribuzioni alla rottura della coesione sociale Sono molto chiari i segnali di una generale sofferenza nella coesione sociale del Nord. La più diffusa e in discontinuità con il passato, è la difficoltà a rispondere alla diminuzione del potere d’acquisto con più lavoro, con la femminilizzazione del mercato del lavoro, con il prolungamento della giornata lavorativa o con il maggior ricorso a prestiti, mutui o indebitamento. Queste strategie non sono più praticabili. L’erosione delle retribuzioni, stagnanti con l’inflazione e la pressione fiscale crescente, non ha sosta. Le conseguenze sociali della riduzione della remunerazione del lavoro sono enormi, basti pensare a quanto incide sulle rinunce alla maternità nel mondo del lavoro privato il fatto di non disporre di tutele e soprattutto di non poter disporre di una parte dello stipendio per la cura dei bambini. La cosiddetta “nuclearizzazione” della famiglia nei grandi centri metropolitani significa che le famiglie single hanno superato il 50% dei nuclei famigliari. Sappiamo bene quanti genitori del ceto medio non entrano in graduatoria per i nidi per la numerosità di famiglie di immigrati a basso reddito con tanti bambini. 149
CON LA NOSTRA STORIA, INSIEME AI GIOVANI COSTRUIAMO IL FUTURO Famiglie in emergenza La famiglia come nucleo di sicurezza sociale, come ammortizzatore di ultima istanza, sta entrando in piena emergenza per un altro processo di intensità notevole: gli anziani non autosufficienti aumentano ogni anno sono del 3% (quindi 30% in dieci anni…), in Liguria, Piemonte ed Emilia Romagna queste percentuali sono superiori. Non governare il fenomeno significa a brevissimo generare l’insostenibilità dei bilanci socio-sanitari. Pur contando sulla predisposizione culturale dei famigliari a svolgere in modo diretto il lavoro di cura, aumentano i casi di anziani soli, di famigliari soli o di famiglie senza margini di tempo o di reddito. Le professioni della precarietà Nell’ambito occupazionale, manca lavoro per i giovani, certo, ma è sempre più chiaro che i giovani rifiutano alcune attività considerate di scarsa qualità o di bassa remunerazione. Si sta allargando sia il fenomeno dell’emigrazione intellettuale, sia della terziarizzazione composta di freelance, anche integrabile nei processi produttivi dell’economia della conoscenza. Ma si tratta di vere professioni della precarietà per quello che riguarda l’inquadramento previdenziale e le tutele (contrattuali, retributive, sociali: pensiamo alla maternità di una partita Iva). Poi c’è l’effetto più classico della crisi, che colpisce in modo spietato sia i lavoratori autonomi, che gli artigiani e i microimprenditori e i loro dipendenti. Sono i più esposti nei settori marginali, il subappalto in edilizia o nei trasporti, la subfornitura nella manifattura tradizionale. Esposti a bolle, burocrazia, insoluti bancari. Sono quelli che hanno fatto anche scelte drammatiche sulle proprie esistenze. Sostenibilità locale, sviluppo globale Il cedimento del patto sociale manifatturiero consente di avviare un processo di rigenerazione complessiva delle energie vitali di quest’area e di mettere in campo le risorse ancora presenti in modo diffuso nelle molteplici articolazioni sociali e produttive del Nord. Pensata e realiz- 150
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