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PARTE III: XI CONGRESSO REGIONALE CISL LOMBARDIA superiori è del 10%, rispetto al 40% per l’Inghilterra e al 35% per la Francia). Preoccupazione deve suscitare il tasso di scolarizzazione che non mostra segnali di miglioramento: in Lombardia il 17,6% della popolazione è in possesso di un diploma di laurea, percentuale superiore a quella nazionale (17%) ma molto lontano dal 28,2% dei paesi dell’Unione Europea. La sfida culturale della formazione continua Alla luce di questi dati, diventa fondamentale ripensare il sistema dell’offerta formativa (per esempio, attraverso un canale di istruzione terziaria non universitaria) e offrire nuove opportunità di formazione lungo tutto l’arco della vita, soprattutto a coloro che hanno perso quelle offerte dall’istruzione scolastica. Su questo versante è necessaria una grande sfida culturale nella quale il sindacato può e deve giocare un ruolo di primissimo piano. Attualmente la quota di occupati tra i 25 e i 64 anni che ha partecipato ad attività formative e di istruzione nel 2011 in Lombardia è pari al 5,9% (in Italia 5,4%), in calo rispetto al 6,8% del 2010 e distante dalla media europea (8,9%), anche alla luce dell’obiettivo del 15% della strategia Europa 2020. Un dato che scende al 5% (6,1% media italiana) per gli adulti inoccupati, a conferma della scarsa diffusione delle politiche attive del lavoro. Il ruolo dei fondi interprofessionali L’istituzione dei fondi interprofessionali per la formazione continua ha attribuito una responsabilità inedita alle parti sociali: quella della progettazione, gestione e valutazione di sistemi di formazione coerenti con i fabbisogni e le aspettative di lavoratori e imprese. A dieci anni dall’attivazione di questo sistema, più della metà delle imprese italiane (55,8%), che occupano il 66% dei lavoratori, ha aderito a uno dei 20 fondi disponibili. La Lombardia rappresenta la prima regione per piani formativi finanziati, pari al 26,9% del totale. 175
CON LA NOSTRA STORIA, INSIEME AI GIOVANI COSTRUIAMO IL FUTURO Se da un punto di vista quantitativo il sistema della bilateralità in Lombardia ha dato i suoi frutti, molto resta da fare sul piano qualitativo, soprattutto per equilibrare un’offerta di formazione troppo sbilanciata sui pacchetti degli enti di formazione o, al più, sulle esigenze dell’azienda, e troppo poco attenta ai bisogni di formazione dei lavoratori. Superata la fase di avvio del sistema, è importante scongiurare il rischio di mettere in campo politiche formative orientate da un paradigma debole, in base al quale il diritto ad apprendere si trasforma in obbligo di adattamento. Si tratta di un’operazione complessa, perché richiede una trasformazione culturale, orientata al lungo periodo, di cui si devono fare carico soprattutto i delegati, nel rapporto quotidiano con i propri colleghi e nella costruzione di un ruolo attivo rispetto alla progettualità formativa della propria azienda. Nonostante il ruolo di primo piano assunto in tutte le economie avanzate, la formazione non può restare l’unica leva a disposizione per mettere in moto le energie della nostra società. Tecnologie relazionali, opportunità sindacali Tra le opportunità disponibili, quella più promettente riguarda il digitale. Le tecnologie relazionali stanno creando un nuovo spazio pubblico in cui si stanno sperimentando interessanti processi di innovazione sociale. Internet e i social media permettono l’accesso a un immenso patrimonio di informazioni e conoscenze, veicolato da relazioni sociali. Promuovono nuovi lavori, ma soprattutto nuovi modi di lavorare. Stanno supportando l’emergere di forme di azione connettiva che integrano – e talvolta superano – quelle dell’azione collettiva, senza confini tra online e offline. I processi di disintermediazione veicolati dalle logiche di rete mettono in discussione le tradizionali forme d’azione e di relazione tra gli attori. Cambiano le priorità e le logiche dello scambio sociale: la partecipazione è più importante dell’appartenenza, la collaborazione prende simbolicamente il posto della solidarietà. 176
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