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CON LA NOSTRA STORIA, INSIEME AI GIOVANI COSTRUIAMO IL FUTURO
Diversa la situazione negli Stati Uniti. Hanno inciso la politica più
keynesiana ispirata dalla stessa Federal Reserve e la scoperta di nuovi
giacimenti di idrocarburi, che hanno dato il via a una massa colossale
di investimenti. Ma gli Usa stanno anch’essi dando un nuovo volto
alla globalizzazione. Guardano decisamente all’Asia, all’Asia tutta intera
e non alla Cina. Puntano a raggiungere l’accordo per il mercato
unico più grande del mondo: il Trans Pacific Act, che unisce le nazioni
rivierasche del Pacifico dal Sud-Est e dall’Estremo Oriente da un lato,
e dal Cile al Perù al Messico al Canada dall’altro: miliardi di lavoratori
e di consumatori nel contesto di un deciso e inarrestabile spostamento
dell’asse della crescita mondiale verso il Pacifico tutto intero,
sino all’Oceania.
In questo contesto l’Europa continua ad essere un gigante economico,
ma con i piedi di argilla. La decrescita continua a prodursi: i mercati
interni continuano a restringersi, per un colossale spostamento di ricchezza
dal lavoro al capitale.
Crollano gli investimenti e la Bce, creata su modello della Bundesbank
e non della Fed, ha un ruolo limitato per opporsi alle tendenze
deflazionistiche. Manca un banca federale per un continente federale,
che possa quindi agire per governare diversi tassi di produttività
e diversi deficit commerciali e per contrastare, come banca di
ultima istanza, le aggressioni della speculazione finanziaria sui debiti
sovrani. In questi mesi, tuttavia, l’autorevole presidenza Draghi
ha compiuto atti fortemente innovativi per ripristinare il funzionamento
della politica monetaria nell’Eurozona, compito istituzionale
della Bce, contro la sua frammentazione ormai chiaramente dissolutrice,
e per avviare l’unione bancaria, pur tra tanti contrastanti interessi.
I Paesi europei, tra questi l’Italia, hanno un disperato bisogno di
crescita ed equità e questo rinvia non solo alle politiche nazionali,
ma alla crisi e all’urgenza della riforma dell’Europa come Unione.
L’Europa non può continuare ad essere soltanto il fiscal compact, i
cui vincoli vanno rispettati, comunque con rigore, dagli Stati nazionali.
Lo spreco pubblico non va confuso con la spesa pubblica
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