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Marziano Ciotti l'occhio dritto di Garibaldi - La tana dell'orso

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In Friuli con Antonio Andreuzzi<br />

sto commosso trovandomi in quel tempio <strong>di</strong> domestica felicità.<br />

<strong>La</strong> mattina del 12 alle 6 m’alzo per accompagnare il Generale alla sua<br />

passeggiata. Da quattro mesi ogni mattina egli fa un bagno freddo alla<br />

doccia; in<strong>di</strong> preso il caffè s’avvia alla spiaggia ove porta un fazzoletto <strong>di</strong><br />

grano per le sue anitre e due oche, che, sentendolo da lontano lo salutano.<br />

Tornati a casa egli si ritira al tavolo ove lavora fino a mezzogiorno,<br />

l’ora del desinare. Dopo, altra passeggiata; in<strong>di</strong> al tavolo a spe<strong>di</strong>re le<br />

molte corrispondenze.<br />

Il capitano Cucchi lo assiste e spiccia gli arretrati scrivendo 40 lettere in<br />

quei due giorni A tavola si beve vino della sua Caprera, che è squisito, io<br />

il colonnello Specchi ed il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Milesina dott. Malfico an<strong>di</strong>amo alla<br />

caccia nell’isola. Menotti vuol favorirmi il suo fucile, <strong>di</strong>stinto regalo <strong>di</strong><br />

Inghilterra fabbricato nell’aprile ’64, che in un baleno si carica per la culatta.<br />

Tiro ad una quaglia e la abbatto; e così pure fanno gli altri due compagni.<br />

Non fu possibile trovare i cotorni che costì li chiamano cornici. Il<br />

giorno 13, dopo pranzo si parte con Menotti per la Maddalena. Alle 4 ci<br />

rimbarcammo sopra la Sardegna che ritornava da Porto Torres. Il giorno<br />

14 fermata <strong>di</strong> 6 ore a Livorno ed alle 8 del 15 <strong>di</strong> ritorno a Genova.<br />

Ho tollerato abbastanza bene questo primo viaggio <strong>di</strong> mare, non però<br />

senza qualche turbamento <strong>di</strong>gestivo, che si fa sentire alla testa; ma però<br />

senza vomito.<br />

L’impressione <strong>di</strong> Caprera non saprei descriverla. Mi parve sempre <strong>di</strong><br />

trovarmi in quel gran tempio in cui siede l’Italia incarnata in quell’eroe.<br />

Quando penso alla ferita <strong>di</strong> Aspromonte...! Il generale cammina<br />

anche senza bastone, ma però zoppicando, essendogli rimasta un’inevitabile<br />

rigi<strong>di</strong>tà. Non<strong>di</strong>meno si mostra <strong>di</strong> buon umore; però poco contento<br />

dei neghittosi italiani che in generale non sentono l’amor <strong>di</strong> patria.<br />

Fu contento prima della mossa del Friuli, e si dolse quando sentì che<br />

non fu secondata.<br />

A cena, la sera dell’11, si alzò e <strong>di</strong>sse:<br />

“Qui non sono soliti gli evviva, ma in questa occasione debbo farlo; evviva<br />

i pro<strong>di</strong> che combatterono la tirannide in Friuli!” *<br />

* Il 12 <strong>di</strong>cembre Garibal<strong>di</strong> scrive a Benedetto Cairoli: “Mio caro Benedetto,<br />

Ho parlato con Tolazzi ed Andreuzzi, essi vi riferiranno. Datemi notizie della<br />

mamma. Vostro sempre”. Lettera presso Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Varese, riportata<br />

da E<strong>di</strong>zione nazionale degli scritti <strong>di</strong> G. Garibal<strong>di</strong>, vol. IX, Istituto Poligrafico<br />

dello Stato, Roma, 1992.<br />

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