Marziano Ciotti l'occhio dritto di Garibaldi - La tana dell'orso
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In terra <strong>di</strong> Francia, nei Vosgi<br />
delle armi. Canzio osservava impassibilmente le masse nemiche, ed<br />
ogni tanto andava da Garibal<strong>di</strong>, con cui confabulava. Tutto ad un<br />
tratto guizza, come un lampo dall’uno all’altro dei militi, una notizia;<br />
un fremito generale si comunica <strong>di</strong> fila in fila, come, se tutti<br />
quegli uomini subissero l’influenza <strong>di</strong> una pila Galvanica: Canzio<br />
concitato, col viso raggiante, si alza, grida a tutti i suoi uomini: Ricciotti<br />
è circondato, salviamolo, e, come l’ultimo dei suoi subalterni,<br />
si lancia eroicamente alla carica.<br />
<strong>La</strong> cavalleria Prussiana si schiera in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> battaglia <strong>di</strong>faccia ai<br />
nostri; due tiri <strong>di</strong> cannone bene aggiustati bastano a metterla in fuga,<br />
prima ancora che si ponga al trotto contro <strong>di</strong> noi; altri colpi a mitraglia<br />
sbaragliano i battaglioni nemici che si ammassano, si urtano,<br />
si infrangono contro la masseria, le cui mura sembrano <strong>di</strong> fuoco; i<br />
Genovesi, i cacciatori <strong>di</strong> Marsala, gli Egiziani, gli Spagnuoli e persino<br />
due battaglioni <strong>di</strong> mobilizzati <strong>di</strong> Saone Loire animati dal nobile<br />
esempio dei volontari, si spingono <strong>di</strong>etro il prode Canzio alla baionetta,<br />
gridando viva la repubblica, viva la Francia, viva Garibal<strong>di</strong> e<br />
intonando la Marsigliese e l’inno d’Italia. Che spettacolo imponente…<br />
al solo pensarci si provano le vertigini, e quasi si crede <strong>di</strong> avere<br />
assistito a una fantasmagoria.<br />
<strong>La</strong> brigata Ricciotti si spinge eroicamente fuori della masseria e<br />
ar<strong>di</strong>tamente dà <strong>di</strong> cozzo nelle file Prussiane: da tutte le parti è una<br />
carneficina terribile; i cadaveri si addensano sopra i cadaveri; là affusti<br />
<strong>di</strong> cannoni stroncati, qua siepi <strong>di</strong>strutte, alberi sbarbicati dal<br />
terreno; per terra frantumi <strong>di</strong> bombe, pozze <strong>di</strong> sangue, ossa scheggiate,<br />
rimasugli schifosi <strong>di</strong> corpi umani; i Prussiani non possono più reggere;<br />
è troppo formidabile l’urto dei nostri soldati e non che compatte<br />
colonne <strong>di</strong> uomini, sfonderebbe le muraglie d’acciaio. Le file a noi<br />
<strong>di</strong>contro, piegano, in<strong>di</strong>etreggiano, si sparpagliano eppoi si danno a<br />
<strong>di</strong>speratissima fuga. Tito Strocchi e il capitano Rostain <strong>di</strong> Grenoble,<br />
raccolgono allora in mezzo ai cadaveri <strong>di</strong> un picchetto che avevano<br />
sbaragliato, terminando tutte le cariche dei loro Spencers, sempre tra<br />
l’infuriare delle palle nemiche, lo stendardo del 61º Reggimento<br />
Guglielmo; reggimento che in quel giorno fu quasi <strong>di</strong>sfatto.<br />
Continuiamo con la lettura <strong>di</strong> un altro brano del vivace e colorito<br />
<strong>di</strong>ario <strong>di</strong> Ettore Socci:<br />
Io era, arrivato poco prima dell’ultima carica; uscito appena <strong>di</strong><br />
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